Slan Hunter
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Gli sciacalli rabbiosi fecero fuoco con tutte le armi che erano riusciti a mettere insieme. La bomba a mano centrò il motore posteriore, facendo ruotare la nave prima che Joanna potesse portarla fuori tiro. La poppa del veicolo spaziale sbatté contro il muro di un edificio vicino, una pinna si deformò.
Jommy si aggrappò allo schienale del sedile di pilotaggio di Joanna per non perdere l'equilibrio mentre la nave cadeva a terra sprizzando scintille e raschiando la strada con grande stridore. Un fumo nero unto si riversava dal vano motore nella cabina. Joanna lo fissò, scossa. «A quanto pare, non andremo in nessun posto con questa nave.»
Sebbene una ragnatela di grosse crepe offuscasse il vetro della cabina di pilotaggio, Jommy vide gente sbrindellata che avanzava da ogni direzione.
Ne riconobbe alcuni, scorse i loro graffi e i lividi, le espressioni rabbiose sulle loro facce... in particolare, notò un individuo dalle spalle quadrate con un taglio recente su una guancia. Deacon. Doveva avere riconosciuto il ricognitore che li aveva attaccati prima che lui e i suoi uomini potessero finire di sistemare Jommy...
Jommy reagì con avversione istintiva, una sfumatura rossa di collera gli pervase il viso. «Quello è l'uomo che mi ha tagliato le antenne.»
La banda di Deacon sembrò rendersi conto di avere intrappolato una grossa preda. Jommy immaginò come il capobanda sfregiato avrebbe usato il veicolo nemico catturato per consolidare il proprio potere, sfrecciando lungo le strade e assassinando i rivali. Alla testa della marmaglia che avanzava, Deacon agitò il pugnale nell'aria mentre correva. Sembrava pensare che nulla potesse ferirlo.
Il motore superstite del ricognitore cigolava e ronzava. Il fumo inquina-va l'aria nell'abitacolo. «Se quell'uomo vuole catturare il mio velivolo intatto non sta dimostrando molto ritegno.» Joanna scoccò un sorriso taglien-te come schegge di vetro. «E io intendo mostrarne ancor meno.» Aprì il fuoco con le armi a energia della nave.
I raggi abbaglianti colpirono Deacon in pieno petto, trasformando tutto il suo corpo in una nube rossastra di ossa frantumate e fumo unto. Deacon scomparve, lasciando un urlo a metà.
Gli altri sciacalli si arrestarono di colpo. Quattro di loro gettarono le ar-mi di fortuna e fuggirono in preda al panico. Un altro scagliò una pistola scarica contro la fiancata della nave senzantenne.
La pistola colpì la fusoliera producendo un clangore innocuo. Tutta la marmaglia si dileguò nelle strade ombrose, come scarafaggi che fuggissero alla vista di una luce intensa.
«Non ci daranno più nessun grattacapo.» Una lieve sfumatura di delusione era presente nelle parole della senzantenne.
Jommy raggiunse traballando il vano motore e usò gli estintori per spegnere il fuoco crepitante. Joanna gli si accostò per valutare il danno e scosse la testa. «Le celle energetiche sono incrinate. La nave è rovinata, completamente rovinata.»
Jommy corrugò preoccupato la fronte. «Non possiamo stare qui. L'espo-sizione a queste celle incrinate può essere più pericolosa che affrontare una banda pronta a tutto.» Tirò Joanna per il braccio. «Spero che non avessi intenzione di tornare su Marte tanto presto.»
Il volto della donna mostrò una mescolanza di emozioni contrastanti.
«Non tornerò su Marte finché non avremo trovato una soluzione attuabile per questa guerra inutile. Rimango al tuo fianco, Jommy.»
In precedenza, quando lei lo aveva aiutato a fuggire da Cimmerium e aveva ammesso a malincuore che il suo idealismo non era campato in aria, Jommy non aveva saputo con sicurezza come interpretare le sue parole.
Come molti della sua razza, Joanna aveva sviluppato sbarramenti mentali ermetici che impedivano di percepire i suoi pensieri più reconditi. Ma Jommy sospettava che Joanna fosse più che incuriosita da lui, più che sconcertata dal suo strano ottimismo. Sebbene fosse al corrente del legame di Jommy con Kathleen, Joanna sembrava davvero innamorata di lui...
«Jommy, cosa stavi facendo al palazzo? Cosa stavi cercando quando quella banda ti ha trovato, quando ti hanno tagliato...?» Joanna s'interruppe.
«Sono venuto in città in cerca di una cosa... una cosa di vitale importanza.» Jommy le ricordò il disintegratore del padre, arma che lei gli aveva visto usare in precedenza con ottimi risultati. «So esattamente dov’è. L'ho trovato. Lo avevo in mano... poi sono arrivati quegli sciacalli.» Abbassò la testa, poi trasse forza dalla propria determinazione. «Andiamo. Dobbiamo recuperarlo. Non intendo tornare alla fattoria a mani vuote... soprattutto se Jem Lorry vuole giocarci un brutto tiro.»
Prima di abbandonare il ricognitore in panne, Jommy e Joanna riempi-rono di provviste uno zaino, sebbene fosse difficile vedere e respirare a causa del fumo sempre più denso. Dato che aveva già attivato il meccanismo di chiusura della porta della camera blindata in cui era rinchiuso il disintegratore, Jommy sapeva benissimo di che tipo di attrezzatura avesse bisogno. Joanna prese anche due piccole armi da fianco. Anche se un tempo si trovavano in schieramenti opposti in quel conflitto, Jommy era contento di avere accanto a sé la senzantenne.
«Joanna, se non usciamo da questo impiccio e non siamo capaci di porre fine alla guerra dei senzantenne, io sarò in tuo potere. Puoi pretendere che venga considerato la tua preda, e riscuotere la ricompensa o la promozione che ti spetta. A quel punto, non avrà più importanza.»
«Avrà sempre importanza, Jommy. L'hai detto tu stesso.» Lui rispose con un lieve sorriso. Forse dopo tutto l'aveva davvero convinta.
Scesero dal relitto fumante e si allontanarono arrancando, senza mai voltarsi indietro. Gli sciacalli potevano prendersi lo scafo squarciato col suo fumo venefico e le radiazioni letali che fuoriuscivano dai motori distrutti.
Mentre il tramonto proiettava lunghe ombre sulle strade, dei falò cominciarono ad accendersi in viuzze e vicoli ciechi. Alcune candele e lampade a kerosene brillavano dietro finestre rotte, dove la gente si stringeva attorno alla luce e al tepore. Sarebbe stata un'altra notte pericolosa e travagliata per i superstiti di Centropolis.
Jommy e Joanna avanzarono di soppiatto verso il punto dove un tempo sorgeva il palazzo, avvertendo entrambi la presenza di occhi invisibili che li osservavano. Si arrampicarono su cumuli di pietre, evitando putrelle e vetri rotti.
Al crepuscolo raggiunsero finalmente la camera blindata malconcia che giaceva come un uovo su un nido di detriti. Quando vide la macchie di sangue scure che lordavano le pietre, Jommy si chiese quanto di quel sangue fosse il suo.
Joanna trovò la metà inferiore abbandonata dell'individuo di nome Thompkins, tranciato in due dalla porta della camera blindata richiusasi di colpo. Imperturbata scostò le gambe con un calcio per poter accedere ai comandi della porta producendo uno schiocco liquido. «La gente dovrebbe ripulire prima di andarsene» borbottò.
Jommy notò soddisfatto che il congegno di localizzazione smontato era ancora attaccato ai comandi grazie a qualche filo. «Meglio che apriamo la camera blindata, recuperiamo il disintegratore, e ce ne andiamo di qui il più in fretta possibile. Sarà pericoloso uscire da questo cratere col buio.»
«Soprattutto se abbiamo ancora compagnia.» Joanna scrutò circospetta le ombre.
Sforzandosi di agire senza antenne e rendendosi conto solo adesso di quanto fossero state preziose, Jommy estrasse gli strumenti necessari dallo zaino e installò un nuovo alimentatore per azionare i pistoni della camera blindata. Sentiva le dita lente e impacciate, ma riuscì a collegare il meccanismo e a dare energia agli stanchi motori della porta blindata. Di nuovo i pistoni ronzarono e la porta inclinata si aprì in parte cigolando, finché i cardini non si bloccarono.
All'interno udirono il rumore di qualcosa che scivolava, un tonfo liquido.
Jommy si rese conto che era la metà superiore di Thompkins che cadeva in fondo alla camera blindata.
D'un tratto, nell'oscurità intorno a loro, apparvero centinaia di torce che circondavano il cratere. Al chiarore delle fiaccole, le persone sembravano folletti dalle fattezze di spaventapasseri... una tribù selvaggia che accer-chiava due vittime. Senza dire una parola, Joanna frugò nel proprio zaino ed estrasse le armi. Dagli sciacalli partirono degli spari, de
i proiettili rim-balzarono sulle rocce accanto a Jommy e Joanna. Uno colpì con un secco rumore metallico la porta parzialmente aperta della camera blindata.
«Non sarà facile come pensavo» commentò Joanna.
Dolorosamente consapevole delle antenne perse, Jommy disse: «Quelli sono gli uomini di Deacon oppure una nuova banda che si è già insediata in città.»
«A quanto pare ho creato un'occasione di lavoro per un nuovo capo potenziale.» Joanna si girò lentamente. Mirò a una delle figure sgambettanti e sparò, uccidendola. Il suo momento di trionfo fu di breve durata, perché una raffica di colpi di risposta crivellò le macerie attorno a loro. Joanna si riparò dietro un grosso blocco di calcestruzzo. «Forse dovremmo tornare in un momento migliore.»
«No. Non adesso che siamo così vicini.»
Un razzo esplosivo detonò a breve distanza provocando una pioggia di schegge di roccia e pezzi di tubo e vetri rotti. Jommy si abbassò dietro il muro inclinato della camera blindata.
Joanna cercò un altro bersaglio e sparò tranquilla un secondo colpo che mise in fuga precipitosa uno dei portatori di fiaccole. La sua torcia ballon-zolante pareva una lucciola ubriaca nell'oscurità. Joanna gridò a Jommy:
«Entra nella camera blindata, trova quello che devi trovare, e poi esci subito. Li terrò a bada il più a lungo possibile.»
«Non basta. Non c'è tempo.» Jommy spinse con la spalla Joanna attraverso la porta semiaperta. Lei cadde nella camera blindata. Jommy la sentì muoversi rumorosamente tra le mensole cadute e i rottami sparsi.
«Cosa stai facendo? C'è buio qua dentro!» La sentì inciampare e lanciare un grido strozzato. «Ehi, quanti cadaveri hai lasciato in giro?»
Un'altra bomba a mano centrò il bersaglio, esplodendo contro il muro posteriore della camera blindata. Jommy udì urla, schiamazzi e nuovi spari. Una frotta di sciacalli rabbiosi si riversava sulle macerie, sempre più vicina. Jommy vedeva le loro facce ringhiose alla luce delle fiaccole.
Si infilò nell'apertura sperando che i pistoni della porta resistessero ancora qualche secondo. Prima di lasciarsi cadere all'interno, afferrò il congegno lampeggiante collegato al meccanismo di chiusura e lo staccò con uno strattone. Mentre lui finiva di entrare, la porta pesantissima si richiuse con un cigolio e un sibilo, bloccandoli nella camera blindata inespugnabile nell'oscurità assoluta.
Jommy udì accanto a sé il respiro affannoso di Joanna. Dall'esterno, giungevano i colpi degli sciacalli che percuotevano la camera blindata, stranamente lontani attraverso i muri spessi.
«Bene, siamo al sicuro adesso. Possiamo trascorrere la notte qui.» La voce di Jommy sembrava incorporea nel buio fitto. «C'è solo un problema.
Non possiamo aprire la porta dall'interno.»
34
Come comandante delle forze senzantenne vittoriose Jem Lorry non aveva alcun bisogno di nascondere chi fosse realmente. Non più. Ora che quell'impiccione di suo padre era stato tolto di mezzo, ora che lui aveva il comando di tutto l'esercito invasore, Jem tornava tra i miseri umani da eroe vincitore.
Si sarebbe presentato da solo all'incontro al vertice. Era il suo modo di dimostrare che non considerava una minaccia il presidente Gray o la sua patetica cellula di resistenza. E non intendeva condurre nessun negoziato di pace, come avevano proposto invece Altus Lorry e l'Autorità senzantenne.
Mentre Lorry era in viaggio veloce, John Petty aveva trasmesso un messaggio supplementare. «Garantirò la tua incolumità, Lorry. Tu ed io vogliamo che questo incontro vada nello stesso modo. Quando Gray e gli slan saranno stati levati di mezzo, potremo dividere il bottino.»
Il capo della polizia segreta era stupido se credeva una cosa simile, ma Jem lasciò che fosse stupido. Petty eccelleva in stupidità.
Jem Lorry atterrò con la sua nave solitaria davanti alla fattoria della Nonna, rovinando parte dell'orto. Indossava una divisa da cerimonia dell'esercito senzantenne: camicia blu con bottoni cristallini, pantaloni con guarnizioni dorate e piega impeccabile. Alzando il mento, uscì dalla nave e guardò con freddezza le persone venute ad accoglierlo. Non si scomodò a rivolgere un gesto di rispetto al presidente deposto. Aveva trascorso troppi anni servendo Kier Gray, offrendogli i suoi consigli e frenando la collera quando i suoi piani venivano ignorati. «Allora, Gray? Sono venuto in rap-presentanza degli slan.»
«Degli slan senzantenne» precisò Gray.
Jem lo squadrò da dietro il suo naso aguzzo. «Pare che siamo gli unici slan rimasti.»
Petty uscì sulla veranda e si affiancò al presidente. Rivolse un'occhiata eloquente a Jem che rispose con un lieve cenno del capo, come il cacciatore di slan sembrava aspettarsi.
Quando scorse Kathleen Layton, Jem la osservò con occhio bramoso.
Un tempo l'aveva desiderata moltissimo, ma lo splendore era scomparso.
La ragazza slan era assai meno attraente di quanto ricordasse... era pallida, con le guance infossate e gli occhi rossi di pianto. Si chiese come avesse mai potuto trovarla tanto bella. Forse l'aveva desiderata soprattutto perché era proibita. Doveva essersi trattato soltanto di un'attrazione fisica passeg-gera e insignificante.
Quando la Nonna li fece entrare in casa, Jem si guardò attorno in cerca degli altri che si aspettava di incontrare. Era in grado di occuparsi facilmente di John Petty, e anche dello stesso presidente Gray. Ma perfino il suo sciocco genitore aveva riconosciuto che Jommy Cross costituiva una delle più grandi minacce. «Dov'è Cross?» Peccato. Gli sarebbe piaciuto prendere tutti i topi con un'unica trappola.
«Jommy è morto.» Kathleen usò un tono aspro per aggredire Jem, come se lo ritenesse responsabile dei guai in cui si era cacciato il giovane slan, quali che fossero. Jem non avrebbe creduto alla morte di Jommy Cross finché non avesse visto coi propri occhi il cadavere di quel piantagrane.
La Nonna aveva apparecchiato il tavolo da pranzo per le occasioni speciali, con tanto di tovaglia a scacchi e vaso di fiori freschi. Con un acciottolio di stoviglie, tirò fuori dei piattini da dessert. «La mia porcellana migliore, per le grandi occasioni.» La Nonna guardò Jem in cagnesco mentre serviva la torta di mele, mettendo sui piatti le fette friabili. «Era il dolce preferito di Jommy.» Esitò un attimo, poi si diede da fare. «C'è del caffè appena fatto che sta arrivando. Sarà pronto tra un paio di minuti.» Prima di lasciare la stanza, soggiunse con voce severa: «Signor Lorry, non m'interessa quanto pensi di essere potente... ma sei ospite in casa della Nonna, e devi comportarti con rispetto. Non mi fido di chi invade il mio pianeta.»
Lorry riuscì a malapena a celare il proprio divertimento. «Il conquistato-re di un mondo può fare quel che vuole, signora.»
«La Nonna ha un fucile nel ripostiglio se diventi ingovernabile. Non scordarlo.» E la vecchia andò in cucina.
Petty si sedette svelto, ansioso di assaggiare la torta oltre che di procedere con il doppio gioco. Il presidente Gray si sedette a capotavola e fece cenno a Jem di prendere posto all'altra estremità.
Il presidente indossava ancora lo stesso abito stropicciato che portava durante la prigionia e la fuga. Per quell'incontro importante il suo seguito protocollare era costituito da una vecchia e da sua figlia. Kathleen prese carta e penna per documentare qualsiasi trattato o accordo fosse stato con-cluso. Jem trovava tutto molto divertente.
Prima che Gray potesse dire qualcosa, Jem esordì all'improvviso: «Noi senzantenne abbiamo già conquistato la Terra. Ho acconsentito a venire qui, Gray» evitò apposta di usare il titolo di presidente «per accettare la vostra resa. Non c'è molto che io possa fare per salvarti la vita, adesso, ma forse se collaborerai posso prendere Kathleen Layton sotto la mia protezione speciale.» Sorrise alla giovane. Lei lo fissò cupa.
«I senzantenne hanno dimostrato una forza militare superiore» ammise Gray. «Avete lavorato in segreto per anni, fatto i vostri piani e poi sferrato un attacco a sorpresa. Senza dubbio se i senzantenne scriveranno i libri di storia la dipingeranno come una impresa eroica. Ma non c'è bisogno che la violenza e lo spargimento di sangue continuino.»
Jem sbottò in una risata amara. «Forse dovresti rivedere i libri di stori
a, Gray... la storia non scritta. Rinfrescati la memoria a proposito di quello che i veri slan hanno fatto agli umani durante le guerre, e poi ai senzantenne.»
«L'ho già spiegato all'Autorità senzantenne» disse Gray con voce tesa.
«Anche i senzantenne presto cominceranno a mettere al mondo di nuovo veri slan. Dovete sterminarci tutti quanti solo per una vendetta meschina?»
Jem giunse le mani. «Mio padre ha ripetuto alcune delle tue stupide fan-donie, ma io non credo a nulla di tutto ciò. Mi dispiace che lui non possa essere presente.» Non aveva toccato la torta pensando che potesse essere avvelenata. Poi però si rese conto che quella gente non sarebbe mai ricorsa a espedienti così subdoli. Quel patetico tentativo di diplomazia rappresentava la loro unica possibilità. Assaggiò la torta e dovette riconoscere che era squisita.
«A quanto pare sei venuto qui per discutere e non per negoziare» osservò mesto Gray.
«Non sono affatto venuto qui per negoziare. Volevo solo guardarti in faccia un'ultima volta prima di distruggerti e impadronirmi della Terra.»
La Nonna entrò, reggendo una caffettiera d'argento. «Qualcuno vuole del caffè?»
Jem si alzò, controllando l'ora col suo cronometro da polso. «Venite fuori con me. C'è qualcosa che voglio farvi vedere.»
Petty balzò in piedi. Pensava facesse tutto parte del piano, ma presto il cacciatore di slan avrebbe scoperto che non era così. Lo avrebbero scoperto tutti.
Jem aveva acconsentito a raggiungere il luogo dell'incontro con un solo aeromobile, ma aveva radunato un'intera squadriglia di incursori che adesso sarebbero dovuti sfrecciare su quella valle. A Jem non interessavano i compromessi. Non aveva bisogno di fare concessioni.
Mentre uscivano sulla veranda, alzando lo sguardo all'aria aperta, udiva già il ronzio dei motori che si avvicinavano annunciando l'arrivo di velivoli militari pesanti.