Sussurri

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Sussurri Page 19

by Dean Koontz


  Il patologo ricucì le incisioni e le due ferite incrostate. Ripulì l'addome e il torace dalle tracce di sangue e bile e dai frammenti di tessuto.

  Il morto fu trasferito dal tavolo dell'autopsia alla barella. Un inserviente lo portò nella cella frigorifera, dove gli altri cadaveri, già sezionati, esaminati e ricuciti, attendevano pa­zientemente di essere sepolti con una solenne cerimonia.

  Quando l'inserviente se ne andò, Bruno Frye rimase im­mobile e in silenzio, felice di essere in compagnia di altri morti. Non aveva mai apprezzato con altrettanta gioia la compagnia degli esseri viventi.

  Frank Howard si stava ubriacando. Si era già tolto la giacca e la cravatta e si era aperto i primi due bottoni della cami­cia. Continuava a passarsi le dita fra i capelli, ormai com­pletamente arruffati. Aveva gli occhi iniettati di sangue e la faccia gonfia. Parlava biascicando le parole, di tanto in tanto si incantava come un disco rovinato e Tony doveva dargli un colpetto esattamente come si fa con la puntina del giradischi. Per ogni birra che Tony beveva, lui si sco­lava due bicchieri di scotch.

  E più beveva, più parlava delle donne della sua vita, più si avvicinava al fradiciume totale, più si focalizzava sul punto più doloroso della sua vita: la perdita di due mogli.

  Era stato durante il secondo anno come agente in uni­forme presso la polizia di Los Angeles che Frank aveva co­nosciuto la sua prima moglie, Barbara Ann. Faceva la com­messa al reparto gioielleria di un grande magazzino del centro e lo aveva aiutato a scegliere un regalo per la madre. Era stata talmente affascinante, talmente carina, talmente gentile con quei suoi occhioni scuri che non aveva saputo resistere alla tentazione di chiederle di uscire con lui, pur aspettandosi un rifiuto. Invece lei aveva accettato. Sette mesi dopo si erano sposati. Barbara Ann era una pianificatrice: già mesi prima del matrimonio aveva stilato un'a­genda dettagliata con i programmi per i primi quattro anni di vita coniugale. Lei avrebbe continuato a lavorare al grande magazzino, ma i suoi guadagni non dovevano asso­lutamente essere spesi. I suoi soldi sarebbero stati destinati a un libretto di risparmio che avrebbe assicurato il paga­mento di una caparra nell'acquisto di una casa. Avrebbero dovuto vivere con il minimo necessario, prelevato dallo sti­pendio di Frank, in un monolocale piccolo, sicuro e pulito. Avrebbero venduto la Pontiac perché consumava troppo: Barbara Ann poteva andare a piedi al lavoro e lui si sa­rebbe recato alla Centrale con la Volkswagen della moglie. Aveva persino programmato un menù quotidiano per i primi sei mesi: piatti nutrienti e dal costo contenuto. Frank adorava quell'atteggiamento da severa contabile, che tanto contrastava con il suo carattere. Barbara Ann era una donna serena e cordiale, pronta alla risata, a volte persino frivola e impulsiva, quando non si trattava di questioni fi­nanziarie. Era una meravigliosa compagna di letto, sempre disposta a fare l'amore e se la cavava maledettamente bene. Davanti alla carne, non era più una contabile: non pro­grammava i rapporti, che in genere erano spontanei e pas­sionali. Però aveva programmato l'acquisto di una casa, realizzabile solo quando fossero riusciti ad avere almeno il quaranta per cento del prezzo richiesto. Sapeva già anche quante stanze doveva avere, quale metratura cercare: aveva disegnato uno schizzò del pianterreno della sua casa ideale che teneva in un cassetto e che solo saltuariamente guar­dava, per sognare a occhi aperti. Aveva una gran voglia di avere dei figli, ma quel desiderio non era realizzabile fin­ché non si fossero stabiliti al sicuro nella nuova casa. Bar­bara Ann aveva praticamente pensato a ogni eventualità, eccetto il cancro. Aveva contratto una forma di tumore vi­rale, diagnosticato due anni e due giorni dopo il matrimo­nio. Tre mesi dopo era già morta.

  Seduto a un tavolo di The Bolt Hole, con una birra ormai tiepida davanti agli occhi, Tony ascoltava Frank Ho­ward con la crescente convinzione di essere il primo a con­dividere il dolore di quell'uomo. Barbara Ann era morta nel 1958, ventidue anni prima, e per tutto quel tempo Frank non aveva confidato a nessuno la sofferenza che aveva provato vedendola deperire e poi morire. Un dolore che non si era mai attutito e che lo infiammava dentro in quel momento, esattamente come vent'anni prima. Tra­cannò ancora uno scotch e andò alla ricerca delle parole adatte per descrivere la sua tragedia. Tony rimase sbalor­dito dalla sensibilità e dalla profondità di quei sentimenti tanto a lungo nascosti dietro quella faccia teutonica e que­gli occhi azzurri, generalmente inespressivi.

  In seguito alla perdita di Barbara Ann, Frank si era sen­tito indebolito, confuso e depresso, ma era sempre riuscito a trattenere le lacrime e l'angoscia, convinto com'era che altrimenti non sarebbe più stato in grado di riprendere il controllo di se stesso. Aveva però cominciato a percepire gli impulsi dell'autodistruzione: una terribile sete di sbor­nie che non aveva mai conosciuto prima della morte della moglie; la tendenza a guidare più velocemente e incoscien­temente, per quanto prudente fosse stato fino a quel mo­mento. Per migliorare le sue condizioni mentali, per cer­care di salvarsi da se stesso, si era buttato a capofitto nel la­voro, dedicando la propria esistenza alla polizia di Los Angeles, nel tentativo di mettere a tacere il ricordo di Barbara Ann. La perdita aveva provocato una ferita interna che non si era più rimarginata, anche se l'impegno e la totale dedi­zione al dipartimento di polizia erano riusciti, se non altro, a placarne le fitte.

  Per diciannove anni era riuscito a sopravvivere, persino a gioire del monotono tran tran di un drogato di lavoro. In qualità di agente in uniforme, non poteva fare straordinari; quindi si era iscritto a un corso serale che frequentava an­che di sabato per ottenere il diploma di esperto in crimino­logia. Grazie al diploma e al suo eccellente curriculum di servizio, era riuscito a diventare un investigatore in bor­ghese e, come tale, non era più soggetto ai rigidi orari degli agenti. Durante le giornate nelle quali arrivava a lavorare anche quattordici ore, non pensava ad altro che ai casi a cui era stato assegnato. E anche quando smontava, conti­nuava a rimuginare sulle indagini, fino a escludere ogni possibilità: rifletteva mentre era sotto la doccia, mentre cer­cava di prendere sonno la notte, esaminava le prove rac­colte mentre faceva colazione la mattina o durante le cene solitarie a notte fonda. Praticamente leggeva solo testi di criminologia o ricerche effettuate sui vari tipi di criminali. Per diciannove anni era stato l'agente degli agenti, il detec­tive dei detective.

  In tutti quegli anni non si era mai innamorato di una donna. Non aveva nemmeno il tempo di frequentarle e, del resto, non lo riteneva nemmeno molto giusto. Non sarebbe stato leale nei confronti di Barbara Ann. Per alcune setti­mane, si era imposto una vita dedita al celibato, poi si era concesso uno stacco con una serie di amanti a pagamento. Per un motivo che nemmeno lui riusciva a capire bene, avere rapporti con le prostitute non implicava un tradi­mento nei confronti della memoria di Barbara Ann; forse perché il fatto di dover pagare per i servizi goduti rendeva il rapporto strettamente commerciale, senza la minima im­plicazione di cuore.

  Poi aveva incontrato Wilma Compton.

  Appoggiandosi allo schienale della panca, Frank per poco non rimase soffocato, pronunciando quel nome. Si passò la mano sul viso appiccicaticcio, le dita fra i capelli, e disse: "Ho bisogno di un altro scotch doppio." Con un grande sforzo riuscì ad articolare le sillabe, ma anche così traspariva in modo evidente lo stato estremo di ebbrezza.

  "Certo," lo rassicurò Tony. "Un altro scotch. Ma forse è anche il caso di mettere qualcosa sotto i denti."

  "Non ho fame," ribattè Frank.

  "Qui fanno dei cheeseburger eccezionali," incalzò Tony. "Ordiniamone un paio, insieme con le palatine fritte."

  "No. Per me, solo scotch."

  Tony insistè e alla fine Frank dovette accettare l'idea dell'hamburger, ma senza patatine.

  Penny annotò l'ordine, ma quando sentì che Frank vo­leva un altro scotch, non si dimostrò molto entusiasta.

  "Non sono venuto con la mia macchina," la rassicurò Frank, cercando di scandire bene le parole. "Sono venuto con il taxi proprio perché avevo intenzione di ubriacarmi. E prenderò il taxi anche per tornare a casa. Quindi, bambolina mia, portami subito un altro di quei deliziosi scotch."

  Tony fece un cenno con il
capo. "Se non riesce a trovare un taxi, lo riaccompagno io."

  Penny servì da bere a entrambi. Tony aveva ancora metà della sua birra, ma ormai si era intiepidita e la ragazza gli portò via il bicchiere.

  Wilma Compton.

  Wilma aveva trentun anni quando Frank l'aveva cono­sciuta: dodici meno di lui. Era carina, piccola, gentile e aveva occhi scuri, gambe lunghe e un corpo flessuoso con due fianchi invitanti, culetto piccolo, vitino di vespa e seno fin troppo pieno per le sue dimensioni. Non era certo ca­rina, piccola e gentile come Barbara Ann. Non era dotata dell'acume di Barbara Ann o della natura industriosa di Barbara Ann o della comprensione di Barbara Ann. Ma, al­meno in apparenza, richiamava vagamente l'ormai decedutissima moglie, quel tanto che bastava per risvegliare l'interesse di Frank nei confronti di una storia d'amore.

  Wilma lavorava come cameriera nel bar dove spesso pranzavano gli agenti di polizia. Nel giro di poco tempo, Frank le aveva chiesto di uscire e lei aveva accettato. Al quarto appuntamento erano finiti a letto. Wilma aveva la stessa sete, la stessa energia e la stessa disponibilità che ave­vano reso Barbara Ann un'amante impareggiabile. Anche se a volte sembrava completamente assorta nella ricerca del proprio piacere personale più che in quello del partner, Frank cercava di autoconvincersi che prima o poi il suo egoismo sarebbe sparito; imputava quell'atteggiamento al fatto che la ragazza era stata troppo a lungo senza una rela­zione pienamente soddisfacente. Inoltre, era orgoglioso di riuscire a eccitarla in modo tanto completo.

  Per la prima volta dopo Barbara Ann, l'amore era en­trato a far parte del rapporto sessuale e pensava di perce­pire gli stessi sentimenti in Wilma, a giudicare dal modo in cui rispondeva. Dopo due mesi, Frank le aveva chiesto di sposarlo, lei aveva risposto di no e si era rifiutata di uscire ancora con lui. Da allora era riuscito a vederla e a parlarle solo al bar.

  Wilma era stata sincera, spiegando le motivazioni del suo rifiuto. Non che avesse qualcosa contro il matrimonio, al contrario, era alla ricerca dell'uomo giusto, ma l'uomo giusto doveva essere dotato di un sostanzioso conto in banca e di un'ottima posizione. Un poliziotto non avrà mai la possibilità di garantire il tenore di vita e la sicurezza che sto cercando, aveva detto. Il suo primo matrimonio, infatti, era fallito sostanzialmente perché lei e il marito non face­vano che litigare per colpa delle bollette e dei conti da pa­gare. Aveva scoperto che i crucci finanziari erano in grado di far svanire l'amore, lasciando solo un crogiuolo pieno di ceneri amare e stizzose. Era stata un'esperienza terribile e aveva giurato a se stessa di non ripetere un'altra volta lo stesso errore. Non escludeva il matrimonio per amore, però doveva assolutamente esserci anche la sicurezza finanziaria. Forse era stata un po' troppo dura, ma non aveva al­cuna intenzione di ritrovarsi nella stessa situazione che aveva già dovuto sopportare un tempo. Al solo pensiero, le tremava ancora la voce e le spuntavano le lacrime agli oc­chi. Non potrei sopportare la tristezza di un'altra storia d'amore andata in fumo solo per mancanza di soldi, aveva spiegato.

  Stranamente, la sua determinazione a sposarsi per de­naro non aveva diminuito il rispetto di Frank nei suoi con­fronti, né spento il suo ardore. Essendo stato solo per tanto tempo, aveva insistito per continuare la relazione, anche a costo di indossare un enorme paio di occhiali dalle lenti rosa per mantenere l'illusione della storia romantica. Le aveva svelato la sua situazione finanziaria, l'aveva pratica­mente pregata di dare un'occhiata al suo libretto di rispar­mio e ai suoi certificati di deposito a breve termine che sfioravano la cifra di trentamila dollari. L'aveva illuminata sul suo stipendio, le aveva confidato che sarebbe stato in grado di andare in pensione anche in giovane età e che avrebbero potuto usare i risparmi per mettere in piedi un'attività tutta loro con cui guadagnare altro denaro. Se stava cercando la sicurezza, lui era l'uomo giusto.

  Ma trentaduemila dollari e una pensione da agente di polizia non erano sufficienti per Wilma Compton. "Non è male, Frank, però non sei nemmeno proprietario di una casa," gli aveva fatto notare. Aveva indugiato a lungo sul li­bretto di risparmio, quasi ne ricavasse un piacere sensuale, e poi aveva aggiunto: "Mi dispiace, Frank, ma io speravo in qualcosa di più. Sono ancora giovane, anzi dimostro al­meno cinque anni di meno. Mi rimane ancora un po' di tempo per guardarmi attorno. Temo proprio che un patri­monio di trentaduemila dollari non sia un gran che, di que­sti tempi. Non credo che siano sufficienti per garantire il superamento di un'eventuale crisi. Con te non voglio cor­rere il rischio di arrivare alle... bassezze... a cui sono arri­vata con il mio primo marito."

  Lui si era sentito morire.

  "Cristo, mi sono comportato come un imbecille!" esclamò Frank, picchiando un pugno sul tavolo. "Ero con­vinto che fosse uguale a Barbara Ann: una ragazza speciale… unica, preziosa. E qualunque cosa facesse, per quanto dura, indelicata e insensibile fosse, trovavo sempre qualche scusa per giustificarla. Splendide scuse. Scuse eleganti, elaborate e creative. Che stupido. Sono stato stupido, stupido, stu­pido! Più imbecille di un pezzo di somaro! Cristo!"

  "Comunque era più che comprensibile," cercò di cal­marlo Tony.

  "Sono stato un cretino!"

  "Sei stato solo per troppo tempo," commentò Tony. "Con Barbara Ann hai trascorso due anni meravigliosi. Non speravi di trovare niente di simile e non eri disposto ad accontentarti di qualcosa di meno. E così hai tagliato i ponti con il mondo. Ti sei autoconvinto di non aver biso­gno di nessuno, ma tutti abbiamo bisogno di qualcuno, Frank. Tutti abbiamo bisogno di affetto. Nella nostra spe­cie il bisogno di amore e di compagnia è forte almeno quanto quello di cibo e di acqua. E tu ti sei tenuto dentro tutto per tanti anni. Ma quando hai trovato una persona che assomigliava a Barbara Ann, quando hai visto Wilma, non sei più stato capace di reprimere quell'istinto. Diciannove anni di desideri e di bisogno sono esplosi tutti in una volta. Era inevitabile che ti comportassi come uno stupido. Sarebbe stato meglio se Wilma fosse stata una cara ragazza, degna di ciò che avevi da offrirle. Comunque mi sorprende che un tipo come Wilma non ti abbia messo le grinfie ad­dosso anche prima."

  "Sono stato un cretino."

  "No."

  "Un idiota."

  "No, Frank. Sei stato umano," lo consolò Tony. "Tutto qui. Sei stato umano come tutti noi."

  Penny servì i cheeseburger.

  Frank ordinò un altro scotch doppio.

  "Vuoi sapere che cosa le ha fatto cambiare idea?" do­mandò Frank. "Vuoi sapere perché, alla fine, ha accettato di sposarmi?"

  "Certo," rispose Tony. "Ma che ne dici di mangiare il cheeseburger, prima?"

  Frank ignorò la proposta. "Mio padre è morto e io ho ereditato tutto. All'inizio sembrava che si trattasse solo di qualche migliaio di dollari, ma poi ho scoperto che il vec­chio, negli ultimi trent'anni, aveva fatto collezione di po­lizze vita da cinque, diecimila dollari l'una. Dopo aver pa­gato tutte le tasse, l'eredità mi ha fruttato qualcosa come novantamila dollari."

  "Che mi prenda un colpo!"

  "I miei averi personali e l'eredità inaspettata sono stati sufficienti per Wilma."

  "Forse ti sarebbe andata meglio se tuo padre fosse morto povero," commentò Tony.

  Gli occhi di Frank cominciarono a inumidirsi e per un attimo sembrò sul punto di scoppiare a piangere. Ma sbattè le palpebre e riuscì a trattenere le lacrime. Con voce appe­santita dal dolore, rispose: "Mi vergogno ad ammetterlo, ma quando ho scoperto l'ammontare dell'eredità, ho smesso di dispiacermi per la morte del mio povero vecchio. Le polizze vita sono saltate fuori esattamente a una setti­mana dal suo funerale e quando sono venuto a saperlo ho subito pensato: Wilma. Mi sono sentito improvvisamente felicissimo. In quel momento, per quel che mi riguardava, mio padre poteva essere morto anche da anni. Mi fa venire il voltastomaco pensare a come mi sono comportato. Non che io e mio padre fossimo mai stati particolarmente uniti, ma sicuramente gli dovevo qualcosa in più. Cristo, che gran figlio di puttana sono stato, Tony."

  "È finita, Frank. Ormai è fatta," lo consolò Tony. "E, co­munque, non eri a posto con il cervello. Non eri responsa­bile delle tue azioni."

  Frank si portò le mani al viso
e così rimase per qualche secondo, tremando ma senza piangere. Infine, alzò lo sguardo e disse: "E allora, quando Wilma ha visto che pos­sedevo qualcosa come centoventicinquemila dollari, ha de­ciso di sposarmi. Nel giro di otto mesi, mi ha prosciugato le tasche."

  "In questo stato vige la comunione dei beni," sottolineò Tony. "Com'è riuscita a prendersi anche la metà che spet­tava a te?"

  "Oh, non ha ottenuto niente con il divorzio."

  "Che cosa?"

  "Nemmeno un centesimo."

  "E come mai?"

  "Ormai era già sparito tutto."

  "Sparito?"

  "Puff!"

  "Aveva speso tutto?"

  "Aveva rubato tutto," rispose piattamente Frank.

  Tony appoggiò il cheeseburger e si pulì la bocca con un tovagliolino di carta. "Ha rubato tutto? E come?"

  Frank era ormai quasi completamente ubriaco, ma que­sta volta riuscì a parlare con incredibile chiarezza e precisione. Riteneva importantissimo che l'atto di accusa nei confronti della donna fosse ben recepito, più di ogni altro dettaglio di quella storia. Wilma gli aveva lasciato soltanto l'indignazione che adesso intendeva condividere con Tony: "Appena tornati dalla luna di miele, ha messo subito in chiaro che voleva occuparsi della contabilità. Intendeva sbrigare di persona tutti i rapporti con la banca, controllare gli investimenti e tenere il bilancio. È andata a iscriversi a un corso di economia e ha messo a punto un budget detta­gliato. La sua decisione e il suo atteggiamento da donna d'affari mi rendevano felice perché mi ricordavano tanto Barbara Ann."

  "Le avevi raccontato che anche Barbara Ann si era com­portata così?"

  "Sì. Oh, Cristo, sì. Sono stato io a farmi prosciugare, certo."

  Tutt'a un tratto, Tony perse l'appetito.

  Frank si passò nuovamente la mano tremante fra i ca­pelli. "Insomma, non ho avuto modo di sospettare di lei. Intendo dire, era così buona con me. Aveva imparato a cu­cinare i miei piatti preferiti, stava sempre ad ascoltare i miei racconti quando tornavo a casa dal lavoro, e sembrava anche interessata. Non esagerava nel chiedere vestiti o gio­ielli. Di tanto in tanto uscivamo per andare a cena o al ci­nema, ma per lei era soltanto uno spreco di denaro. Diceva sempre che sarebbe stato meglio starsene a casa a guardare la televisione o a chiacchierare. Non aveva alcuna fretta di acquistare una casa. Era talmente... accomodante. Mi fa­ceva i massaggi quando tornavo stanco e pieno di dolori. E a letto... era favolosa. Perfetta. Però... però... per ogni mo­mento passato a cucinare, ad ascoltarmi, a massaggiarmi, a scopare..."

 

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