by Dean Koontz
La determinazione con la quale lei affermò che il suo aggressore era lo stesso individuo che pensava di aver ucciso giovedì sembrò affascinarli. Il loro interesse non era comunque volto a determinare se la donna avesse veramente riconosciuto il colpevole: appena udirono la sua versione, si fecero immediatamente un'idea di ciò che era accaduto. Non esisteva la benché minima possibilità che l'aggressore fosse Bruno Frye. Le chiesero di ripetere più volte come si erano svolti i fatti, interrompendola spesso con domande precise, ma solo per stabilire se si era davvero sbagliata, in preda alla confusione, o se stava mentendo deliberatamente. Alla fine decisero che era leggermente frastornata a causa dello choc e che tale sensazione era accentuata dalla somiglianzà dell'aggressore con Bruno Frye.
"Lavoreremo partendo dalla descrizione che ci ha fornito," spiegò uno dei due.
"Ma non possiamo diffondere l'identikit di un morto," aggiunse l'altro. "Sono certo che capirà."
"Era Bruno Frye," insistè Hilary.
"Be', non possiamo fare nulla in questo senso, Miss Thomas."
Tony si sforzò di appoggiare la sua versione, senza tuttavia aver visto l'aggressore, ma né la sua posizione all'interno del dipartimento di polizia né le sue credenziali riuscirono a impressionare gli agenti. Lo ascoltarono attentamente, annuirono più volte, ma non si lasciarono minimamente influenzare.
Venti minuti dopo il terremoto, Tony e Hilary osservarono la macchina della polizia che si allontanava lungo il vialetto.
Con un senso di frustrazione, Hilary sbottò: "E adesso?"
"Ora finisci di preparare la valigia e poi ce ne andiamo a casa mia. Chiamerò la Centrale e farò due chiacchiere con Harry Lubbock."
"E chi è?"
"Il mio capo. Il capitano Lubbock. Mi conosce piuttosto bene e ci rispettiamo l'un l'altro. Harry sa che non mi pronuncio su un caso se non ne sono assolutamente sicuro. Gli chiederò di controllare nuovamente Bruno Frye e di indagare ancora sul suo passato. Inoltre Harry può mettere sotto torchio lo sceriffo Laurenski. Non preoccuparti, in un modo o nell'altro riuscirò a smuovere le acque."
Ma quarantacinque minuti più tardi, quando Tony raggiunse casa sua e chiamò la Centrale, non fu assolutamente soddisfatto della conversazione avuta con Harry Lubbock. Il capitano ascoltò attentamente il resoconto di Tony. Non dubitava certo che Hilary fosse convinta di aver visto Bruno Frye, ma non aveva alcun motivo di riaprire un'inchiesta su Bruno Frye per un reato commesso quando quell'uomo era già morto da qualche giorno. Non era disposto a prendere in considerazione l'unica possibilità su dieci milioni per cui il coroner si sarebbe potuto sbagliare e Frye avrebbe potuto miracolosamente sopravvivere alla tremenda emorragia, all'autopsia e alla cella frigorifera dell'obitorio. Harry si mostrò comprensivo, attento e infinitamente paziente. Ma era ovvio che giudicasse inattendibili le osservazioni di Hilary, le cui percezioni erano probabilmente distorte dalla paura e dall'isteria.
Tony si sedette accanto a lei, su uno degli sgabelli accanto al bancone, e le riferì le parole di Lubbock.
"Isteria!" sbottò Hilary. "Mio Dio, sono stanca di sentire quella parola! Tutti sono convinti che mi sia fatta prendere dal panico. Tutti sono maledettamente sicuri che sia pazza o che stia blaterando parole senza senso. Bene, fra tutte le donne che conosco, sono forse l'unica che non perderebbe la testa in una situazione del genere."
"Sono d'accordo con te. Volevo solo informarti di quello che pensa Harry."
"Maledizione."
"Esatto."
"E il fatto che anche tu ne sia convinto non significa niente?"
Tony fece una smorfia. "Crede che sia un po' fuori di me, per via di Frank."
"Quindi anche tu saresti pazzo."
"Solo agitato. Un po' confuso."
"Ha detto veramente così?"
"Sì."
Hilary si ricordò che Tony aveva usato quelle stesse parole riferendosi a lei quando aveva udito per la prima volta la storia del morto vivente e commentò: "Forse te lo sei meritato."
"Forse sì."
"E che cosa pensa Lubbock delle minacce? Voglio dire, il picchetto conficcato nel cuore, la bocca piena di aglio e tutte quelle stupidaggini?"
"Ha ammesso che si tratta di una singolare coincidenza."
"Tutto qui? Solo una coincidenza?"
"Per ora, ha intenzione di considerarla così."
"Maledizione."
"Non l'ha detto esplicitamente, ma secondo me crede che la scorsa settimana ti abbia raccontato quello che c'era nel furgone di Frye."
"Ma non è vero."
"Io e te sappiamo che non è vero. Ma probabilmente tutti gli altri la vedono così."
"Pensavo che tu e Lubbock foste amici e che vi rispettaste l'un l'altro."
"Infatti è così," rispose Tony. "Ma, come ti ho già detto, è convinto che sia un po' scosso. È sicuro che tornerò quello di sempre nel giro di qualche giorno, passato lo choc per la morte del mio compagno. E a quel punto cambierò idea e non appoggerò più la tua versione. È ovvio che non lo farò perché io so di non averti raccontato nulla dei libri sull'occulto e delle altre cianfrusaglie trovate nel furgone di Frye. E anch'io ho l'impressione, la strana sensazione, che Frye sia effettivamente ritornato. Dio solo sa come. Ma non basta una semplice impressione per convincere Harry e non posso certo biasimarlo per il suo scetticismo."
"Nel frattempo?"
"Nel frattempo, la squadra Omicidi non si interesserà certo al caso. Non cade sotto la nostra giurisdizione. Verrà considerata come una semplice tentata aggressione da parte di ignoti."
Hilary aggrottò le sopracciglia. "Questo significa che, in pratica, non faranno niente."
"Sfortunatamente, temo che sia così. In casi come questo, la polizia può fare ben poco. Spesso il colpevole viene catturato molto tempo dopo e per pura coincidenza: beccano un tipo che tenta di introdursi in una casa o che assale qualcuno e quello confessa tutti i suoi reati precedenti."
Hilary iniziò a passeggiare nervosamente avanti e indietro nella minuscola cucina. "Sta succedendo qualcosa di strano e di terribile. Non posso aspettare che tu riesca a convincere Lubbock. Frye ha detto che sarebbe tornato. Cercherà di nuovo di uccidermi fino a quando uno di noi due sarà morto. Irrevocabilmente morto. Potrebbe arrivare in qualsiasi momento. In qualsiasi luogo."
"Non correrai alcun pericolo se rimarrai qui fino a quando avremo scoperto qualcosa," spiegò Tony, "o almeno fino a quando saremo riusciti a convincere Harry Lubbock. Qui sarai al sicuro. Frye, ammesso che sia lui, non riuscirà a trovarti."
"Come fai a esserne così sicuro?" domandò.
"Non è onnisciente."
"Dici di no?"
Tony scosse la testa. "Aspetta un attimo. Non vorrai farmi credere che è dotato di poteri soprannaturali, che è un veggente o roba del genere, vero?"
"Non dico questo, ma non posso nemmeno escluderlo," proseguì lei. "Ascolta, se ammettiamo che Frye è vivo, in qualche modo, come possiamo escludere qualcosa? Potrei persino iniziare a credere agli gnomi, ai folletti e a Babbo Natale. Il fatto è che forse... ci ha semplicemente seguiti fin qui."
Tony alzò un sopracciglio. "Ci ha seguiti da casa tua?"
"È possibile."
"No."
"Ne sei certo?"
"Quando sono arrivato da te, lui è scappato."
Hilary si bloccò nel centro della cucina, stringendosi nelle spalle. "Forse è rimasto nei paraggi per vedere che cos'avremmo fatto e dove saremmo andati."
"È molto improbabile. Anche ammesso che non si sia allontanato quando sono arrivato io, stai pur certa che si sarebbe dileguato vedendo la macchina della polizia."
"Non possiamo saperlo. Nel migliore dei casi, abbiamo a che fare con un pazzo. O forse ci troviamo di fronte all'ignoto, a qualcosa che va oltre la nostra comprensione e che può risultare incredibilmente pericoloso. A ogni modo, non puoi aspettarti che Frye ragioni e si comporti come una persona qualunque. Qualsiasi cosa sia, non è decisamente un uomo qualunque."
Tony la fissò per un attimo e poi si passò una man
o sul viso. "Hai ragione."
"Sei ancora sicuro che non ci abbia pedinato?"
"Be'... non pensavo di essere seguito," mormorò Tony. "Non mi è mai successo."
"Nemmeno a me. Fino a ora. Per quanto ne sappiamo, in questo preciso momento può essere lì fuori a controllarci."
A quel pensiero, Tony ebbe un gesto di stizza. "Ma dovrebbe essere dannatamente sfacciato per architettare una cosa simile."
"Ma lui è sfacciato!"
Tony annuì. "Già. Hai ragione di nuovo." Rimase immobile per un attimo, poi uscì dalla cucina.
Hilary lo seguì. "Dove stai andando?"
Tony si diresse verso la porta. "Stai qui mentre do un'occhiata in giro."
"Non se ne parla nemmeno," obiettò Hilary. "Vengo con te."
Tony si fermò con la mano sulla maniglia. "Se Frye è qui fuori, sarai più al sicuro in casa."
"E se quando riapro la porta, mi trovo davanti qualcun altro?"
"Siamo in pieno giorno," proseguì Tony. "Non mi succederà niente."
"La violenza non è riservata alla notte," protestò Hilary. "Ammazzano la gente anche in pieno giorno. Sei un poliziotto e dovresti saperlo."
"Ho con me la pistola. So badare a me stesso."
Hilary scosse la testa. Era irremovibile. "Non starò qui seduta a mangiarmi le unghie. Andiamo."
Uscirono e si sporsero dal balcone per controllare i veicoli posteggiati davanti all'edifìcio. Non ce n'erano molti. La maggior parte della gente era già andata al lavoro. Oltre alla jeep blu di Tony, erano parcheggiate solo sette automobili. I raggi del sole si riflettevano sulle carrozzerie lucide trasformando i parabrezza in grandi specchi accecanti.
"Penso di riconoscerle tutte," disse Tony. "Appartengono a persone che abitano qui."
"Ne sei sicuro?"
"Non del tutto."
"Vedi qualcuno seduto in macchina?"
Tony strizzò gli occhi. "È difficile, con questo riverbero."
"Andiamo a dare un'occhiata," propose Hilary.
Nel parcheggio scoprirono che le automobili erano vuote. In giro non c'era nessuno.
"Per quanto sfacciato," ironizzò Tony, "dubito che si sieda sullo zerbino per controllarci. Dal momento che c'è una sola strada che conduce agli appartamenti, può darsi che ci tenga d'occhio da una certa distanza."
Si allontanarono lungo il marciapiede e guardarono in tutte le direzioni. Era una zona di condomini con il classico problema della carenza di posteggi; persino in un giorno feriale, a metà mattina, si notava una lunga fila di macchine sui due lati della strada.
"Vuoi controllarle tutte?" chiese Hilary.
"Sarebbe una perdita di tempo. Con un binocolo può anche osservarci da quattro isolati di distanza. Dovremmo controllare quattro isolati in su e quattro in giù e, comunque, potrebbe mettere in moto e partire da un momento all'altro."
"Ma in tal caso, riusciremmo a individuarlo. Ovviamente non potremmo fermarlo, ma almeno avremmo la certezza che ci ha seguito. E potremmo anche scoprire che macchina usa."
"Non è detto, soprattutto se si allontana quando siamo a due o tre isolati di distanza," proseguì Tony. "Non potremmo essere sicuri che si tratta proprio di lui. Oppure potrebbe decidere di scendere dalla macchina e fare due passi per poi tornare quando noi siamo già passati."
L'aria sembrava di piombo e Hilary dovette sforzarsi per riuscire a respirare profondamente. Considerando che era già la fine di settembre, si preannunciava una giornata molto calda e anche incredibilmente umida. Il cielo era limpido e sereno, di un azzurro intenso. Il calore si alzava già dal marciapiede infuocato. Nell'aria soffocante, riecheggiavano le risate dei bambini che giocavano nella piscina dall'altra parte della strada.
In una. giornata simile era difficile credere ai morti viventi.
Hilary sospirò e mormorò: "Come facciamo a scoprire se ci sta osservando?"
"Non possiamo esserne sicuri."
"Temevo che l'avresti detto."
Hilary lasciò correre lo sguardo lungo la strada, costellata di punti d'ombra e di luce. L'orrore si nascondeva fra i raggi del sole. Il terrore si mescolava alle splendide palme rigogliose, ai muri intonacati di fresco e ai tetti in stile spagnolo. "Il Viale della Paranoia," borbottò lei.
"La Città della Paranoia fin quando tutto sarà finito."
Si incamminarono di nuovo verso il parcheggio di fronte all'edificio in cui abitava Tony.
"E adesso?" domandò Hilary.
"Abbiamo bisogno tutt'e due di dormire."
Hilary non si era mai sentita così stanca. Gli occhi le bruciavano e l'accecante luce del sole sembrava trafiggerli. Aveva le labbra secche e la bocca impastata e la lingua sembrava ricoperta da una patina dal sapore cattivo. Le facevano male le ossa e i muscoli di tutto il corpo e non le fu di gran conforto la consapevolezza che quelle sensazioni erano la conseguenza dello stress emotivo più che dell'effettiva stanchezza fisica.
"So che abbiamo bisogno di dormire," disse. "Ma credi che riusciremo a farlo?"
"So cosa vuoi dire. Sono stanco morto, ma ho la mente che brulica di idee. E non credo che sarà facile metterla a tacere."
"Ci sono un paio di domande che vorrei rivolgere al coroner," proseguì Hilary, "o a chiunque abbia effettuato l'autopsia. Forse quando conoscerò le risposte riuscirò a fare un pisolino."
"D'accordo. Chiudiamo a chiave la porta e andiamo subito all'obitorio."
Qualche minuto più tardi, nella jeep di Tony, controllarono di non essere pedinati. Non videro nessuno. Ovviamente ciò non significava che Bruno Frye non fosse seduto in una di quelle macchine posteggiate lungo la strada. Se li aveva davvero seguiti era inutile rischiare di farsi scoprire: ormai sapeva dove si nascondevano.
"E se dovesse entrare mentre siamo via?" domandò Hilary. "Se decidesse di aspettarci in casa?"
"Ci sono due serrature," rispose Tony. "E sono le migliori esistenti sul mercato. Dovrebbe buttare giù la porta oppure rompere una delle finestre che si affacciano sul balcone. Nel caso ci aspettasse a casa, lo scopriremmo prima di metterci piede."
"E se trova un altro modo per entrare?"
"Non ce ne sono. Se volesse passare da un'altra finestra, dovrebbe arrampicarsi sul muro fino al secondo piano e sarebbe costretto a farlo allo scoperto. Lo vedrebbero sicuramente. Non preoccuparti. A casa mia sei al sicuro."
"Potrebbe passare attraverso la porta. Insomma," aggiunse Hilary con voce tremante, "come un fantasma. O potrebbe trasformarsi in fumo e infilarsi attraverso il buco della serratura."
"Tu non credi a queste stupidaggini."
Hilary annuì. "Hai ragione."
"Non ha poteri soprannaturali. Ieri ha dovuto rompere un vetro per entrare in casa tua."
Dovettero rallentare a causa del traffico. La profonda stanchezza aveva minato le abituali difese mentali di Hilary, lasciandola incredibilmente vulnerabile. Per la prima volta da quando aveva visto Frye sbucare dall'oscurità, si chiese se era tutto vero, se quell'uomo era davvero Frye.
"Sono pazza?" chiese a Tony.
Lui le lanciò un'occhiata, ritornando subito a fissare la strada. "No. Non sei pazza. Hai visto qualcosa. Non hai distrutto la casa da sola. Non hai solo immaginato che l'aggressore assomigliasse a Bruno Frye. Ammetto che era quello che pensavo all'inizio. Ma ora so che non ti stai confondendo."
"Ma... un morto vivente? Non è un po' troppo assurdo?"
"È come accettare l'altra teoria: due maniaci che soffrono dello stesso disturbo, ossessionati dallo stesso interesse morboso per i vampiri, che ti aggrediscono nel giro di una settimana. Anzi, credo sia più facile accettare il fatto che forse Frye è ancora vivo, in un modo o nell'altro."
"Forse te l'ho attaccata io."
"Attaccata che cosa?"
"La pazzia."
Tony sorrise. "La pazzia non è come il raffreddore. Non si attacca a qualcuno con un colpo di tosse... o un bacio."
"Hai mai sentito parlare di 'psicosi condivisa'?"
Tony si fermò davanti a un semaforo. "Psicosi condivi
sa? Non è quel programma per i pazzi che non possono permettersi una terapia individuale?"
"Riesci a scherzare anche in un momento come questo?"
"Soprattutto in un momento come questo."
"E che cosa ne dici dell'isteria collettiva?"
"Non è uno dei miei passatempi preferiti."
"Voglio dire, forse è quello che ci sta succedendo."
"No. È impossibile," insistè. "Siamo solo in due. Non è possibile definirlo un fenomeno collettivo."
Hilary sorrise. "Mio Dio, sono felice che tu sia qui. Non ce la farei a combattere da sola."
"Non sarai mai più sola."
Lei gli appoggiò una mano sulla spalla.
Arrivarono all'obitorio alle undici e un quarto.
Nell'ufficio del coroner, Hilary e Tony appresero dalla segretaria che l'autopsia sul corpo di Bruno Frye non era stata eseguita dal primario della divisione di patologia. Giovedì e venerdì infatti si era recato a San Francisco per una conferenza. L'incarico dell'autopsia era stato affidato a un suo assistente, un medico del suo staff.
Quella notizia risollevò l'animo di Hilary: forse esisteva una spiegazione molto semplice in grado di giustificare il misterioso ritorno fra i vivi di Frye. Forse la persona incaricata di svolgere l'autopsia era uno scansafatiche che aveva approfittato dell'assenza del capo per evitare un lavoro ingrato e aveva steso un rapporto fasullo.
Ma quella speranza svanì appena incontrò Ira Goldfield, il giovane medico in questione. Era un bell'uomo di circa trent'anni, con una cascata di riccioli biondi e gli occhi azzurri e penetranti. Era un tipo socievole, energico, brillante e ovviamente troppo interessato e troppo dedito al suo lavoro per poter effettuare un'autopsia meno che perfetta.
Goldfield li condusse in una piccola sala per le conferenze dove regnava un odore di disinfettante al pino e fumo di sigarette. Si sedettero attorno a un tavolo rettangolare coperto di riviste mediche, di referti e di tabulati del computer.
"Certo," esclamò Goldfield. "Me lo ricordo. Bruno Graham... no... Gunther. Bruno Gunther Frye. Due ferite d'arma da taglio, la prima molto superficiale e la seconda profonda e quindi fatale. I migliori muscoli addominali che abbia mai visto." Lanciò un'occhiata a Hilary e proseguì: "Oh sì... lei è la donna che... l'ha accoltellato."