Sussurri
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"Negli ultimi due giorni abbiamo vissuto un'esperienza alquanto insolita e sconvolgente," intervenne Hilary. "Sono accadute cose incredibili e speriamo che lei possa fornirci una spiegazione."
Laurenski alzò le sopracciglia. "Non si riferisce solo all'aggressione da parte di Frye?"
"Ne parleremo più tardi," aggiunse Tony. "Ma prima di tutto vorremmo sapere perché non ha risposto alle chiamate del dipartimento di polizia di Los Angeles."
Laurenski annuì. Era arrossito. "Non so proprio che cosa dire. Sono stato uno stupido a garantire per Frye. Probabilmente speravo di risolvere tutto più in fretta."
"E perché ha garantito per lui?" domandò Hilary.
"E solo che... vedete... ero davvero convinto che quella sera fosse a casa."
"Gli ha parlato?" proseguì Hilary.
"No," mormorò Laurenski. Si schiarì la voce. "Quella notte la telefonata fu presa dall'agente di servizio. Tim Larsson. È uno dei miei uomini migliori e lavora con me da sette anni. Un tipo molto determinato. Bene... quando la polizia di Los Angeles gli ha chiesto di Bruno Frye, Tim ha pensato di chiamarmi per vedere se volevo occuparmene io, considerato il fatto che Frye era uno dei nostri cittadini più illustri. Quella sera ero a casa. Era il compleanno di mia figlia. Era un'occasione davvero speciale e per una volta avevo deciso che il lavoro non doveva intromettersi nella mia vita privata. Passo così poco tempo con i miei bambini..."
"La capisco," lo rassicurò Tony. "Ho l'impressione che lei svolga un ottimo lavoro qui. E so bene che per ottenere dei buoni risultati in questo mestiere, è necessaria una disponibilità che va ben oltre le classiche otto ore al giorno."
"Diciamo piuttosto dodici ore al giorno per sei, sette giorni la settimana," precisò lo sceriffo. "Comunque, quella sera chiesi a Tim di occuparsene al mio posto. Vedete, mi sembrava una richiesta piuttosto ridicola. Sì, insomma, Frye era uno stimato uomo d'affari, un miliardario, santo cielo. Perché mai avrebbe rinunciato a tutto per violentare una donna? Così pregai Tim di controllare e di farmi sapere. Come vi ho già detto, è un tipo molto in gamba. Inoltre, conosceva Frye meglio di me. Prima di arruolarsi nella polizia, Tim ha lavorato per cinque anni presso la Shade Tree Vineyards e, in quel periodo, vedeva Frye praticamente tutti i giorni."
"Quindi è stato l'agente Larsson a controllare Frye mercoledì sera," disse Tony.
"Sì. Mi ha richiamato durante la festa di compleanno di mia figlia. Mi ha riferito che Frye era a casa e non a Los Angeles. Così ho chiamato la Centrale di Los Angeles e mi sono reso ridicolo."
Hilary aggrottò la fronte. "Non capisco. Vuole forse dire che questo Tim Larsson le ha mentito?"
Era una domanda alla quale Laurenski avrebbe preferito non rispondere. Si alzò e si mise a passeggiare nervosamente, fissando il pavimento e scuotendo la testa. Alla fine sbottò: "Mi fido di Tim Larsson. Mi sono sempre fidato. È una brava persona. Uno dei migliori. Ma non riesco proprio a capire."
"Aveva qualche motivo per coprire Frye?" domandò Tony.
"Vuole sapere se erano compiici? No. Niente del genere. Non erano neppure amici. Tim aveva semplicemente lavorato per Frye. Ma quell'uomo non gli piaceva."
"Ha affermato di aver visto Bruno Frye quella notte?"
"Sul momento, ho dato per scontato che l'avesse visto. Poi Tim mi ha rivelato che era convinto di riconoscere Frye al telefono e che quindi non si era preoccupato di andare a controllare di persona. Immagino sappiate che Frye aveva una voce molto particolare e piuttosto anomala."
"Quindi Larsson può aver parlato con qualcuno che stava proteggendo Frye, qualcuno capace di imitare la sua voce," proseguì Tony.
Laurenski alzò lo sguardo su di lui. "E esattamente quello che ha detto Tim. Si è scusato così. Ma c'è qualcosa che non quadra. Chi può averlo fatto? E perché mai qualcuno avrebbe dovuto proteggere un uomo che si rendeva colpevole di un'azione simile? E dov'è adesso? Oltretutto, non era facile imitare la voce di Frye."
"Lei che cosa ne pensa?" chiese Hilary.
Laurenski scosse la testa. "Non so che cosa pensare. E tutta la settimana che ci rimugino sopra. Vorrei poter credere al mio agente, ma come faccio? Qui sta succedendo qualcosa, ma che cosa? Fino a quando non avrò chiarito questa faccenda, sarò costretto a lasciare Tim senza paga."
Tony guardò prima Hilary e poi lo sceriffo. "Quando avrà sentito quello che abbiamo da dirle, sono sicuro che potrà credere alle parole dell'agente Larsson."
"Comunque," intervenne Hilary, "continuerà a non capirci assolutamente nulla. Noi ne sappiamo più di lei, ma non riusciamo a raccapezzarci. Non capiamo che cosa sta succedendo."
Raccontò a Laurenski che Bruno Frye era stato da lei giovedì mattina, cinque giorni dopo la sua morte.
Nel suo ufficio di St. Helena, Joshua Rhinehart si sedette alla scrivania con un bicchiere di Jack Daniels Black Label ed esaminò attentamente i documenti che Ronald Preston gli aveva fornito a San Francisco. Trovò, fra l'altro, le fotocopie degli estratti conto e le copie di tutti gli assegni firmati da Frye. Dal momento che Frye aveva tenuto un conto segreto nella banca di una città nella quale non era solito recarsi per motivi di lavoro, Joshua era convinto che un attento esame di quei dati avrebbe gettato una nuova luce sul caso, contribuendo a individuare l'identità del sosia di Frye.
Nei primi tre anni e mezzo dall'apertura del conto, Bruno aveva staccato due assegni al mese, non uno di più né uno di meno. Gli assegni erano sempre intestati alle stesse persone: Rita Yancy e Latham Hawthorne. Quei nomi non significavano assolutamente niente per Joshua.
Per ragioni non specificate, Mrs Yancy aveva ricevuto cinquecento dollari al mese. L'unica cosa che Joshua poté dedurre dalle fotocopie degli assegni fu che probabilmente Rita Yancy viveva a Hollister, in California, dal momento che tutti gli assegni erano stati depositati in una banca di quella città.
Gli assegni intestati a Latham Hawthorne non riportavano mai lo stesso importo: andavano da duecento a circa cinque, seimila dollari. Apparentemente Hawthorne viveva a San Francisco poiché tutti gli assegni erano stati versati alla stessa filiale della Wells Fargo Bank di quella città. Gli assegni di Hawthorne erano stati girati e sul retro era stato apposto un timbro;
DA DEPOSITARE ESCLUSIVAMENTE
SUL CONTO DI:
Latham Hawthorne
ANTIQUARIO LIBRAIO
E
OCCULTISTA
Joshua fissò per un attimo l'ultima parola. Occultista, Ovviamente derivava da "occulto" e si riferiva alla particolare professione di Hawthorne, mercante di libri rari che trattavano dell'aldilà. Joshua pensava di aver capito che cosa significasse esattamente, ma non ne era certo.
Due delle pareti dell'ufficio erano interamente tappezzate di libri giuridici e di consultazione. Joshua aveva tre dizionari e cercò la parola "occultista" su tutti e tre. I primi due non riportavano neppure quel termine, ma il terzo fornì una definizione che coincideva con quello che aveva in mente. Un occultista era un individuo che credeva nei rituali e nei poteri soprannaturali delle varie "scienze occulte", fra cui, ma non solo, Pastrologia, la chiromanzia, la magia nera, la magia bianca, la stregoneria e il satanismo. Secondo il dizionario, l'occultista poteva anche essere la persona che vendeva gli attrezzi necessari per quegli strani rituali e quelle pratiche magiche: libri, vestiti, carte, strumenti magici, reliquie sacre, erbe rare, candele di sego e roba del genere.
Nei cinque anni trascorsi fra la morte di Katherine e la sua stessa scomparsa, Bruno Frye aveva versato più di centotrentamila dollari a Latham Hawthorne. Non c'era niente sugli assegni che indicasse che cosa aveva ottenuto in cambio di tutto quel denaro.
Joshua riempì di nuovo il bicchiere di whisky e ritornò alla scrivania.
I documenti relativi al conto segreto di Frye mostravano che nei primi tre anni e mezzo l'uomo aveva staccato solo due assegni al mese, ma che nell'ultimo anno e mezzo gli assegni mensili erano diventati tre. Uno a Rita Yancy e uno a Latham Hawthorne, come prima. C'era poi un terzo assegno intestato al dottor Nicholas W. Rudge. Tutti gli assegni del dottor Rudge erano st
ati depositati sulla filiale di San Francisco della Bank of America; Joshua ne dedusse che il medico doveva abitare in quella città.
Chiamò il centralino del distretto telefonico di San Francisco e poi quello della zona che includeva la città di Hollister. Nel giro di cinque minuti, ottenne i numeri di telefono di Hawthorne, Rudge e Rita Yancy.
Per prima cosa decise di chiamare la donna.
Rispose al secondo squillo. "Pronto?"
"Mrs Yancy?"
"Sì."
"Rita Yancy?"
"Esatto." Aveva una voce gentile e melodiosa. "Chi parla?"
"Mi chiamo Joshua Rhinehart. Chiamo da St. Helena. Sono l'esecutore testamentario del defunto Bruno Frye."
La donna non disse nulla.
"Mrs Yancy?"
"Vuol dire che è morto?" chiese.
"Non lo sapeva?"
"E come facevo a saperlo?"
"Era scritto sui giornali."
"Non leggo mai i giornali," bofonchiò. Aveva cambiato tono di voce. Non era più melodiosa: era dura e fredda.
"E morto giovedì scorso," proseguì Joshua.
Ancora silenzio.
"Si sente bene?" le domandò.
"Che cosa vuole da me?"
"Uno dei miei compiti come esecutore testamentario è assicurarmi che tutti i debiti di Mr Frye vengano pagati prima di procedere alla distribuzione del patrimonio agli eredi."
"E allora?"
"Ho scoperto che Mr Frye le versava cinquecento dollari ogni mese e ho pensato che potessero essere le rate di un debito."
Lei non rispose.
Joshua sentì il suo respiro affannoso.
"Mrs Yancy?"
"Non mi deve un centesimo," sbottò.
"Allora non stava ripagando un debito?"
"No."
"Ha forse lavorato per lui in qualche modo?"
Lei esitò un attimo, poi: clic!
"Mrs Yancy?"
Nessuna risposta. Solo un sibilo lontano, un crepitio dovuto ai disturbi sulla linea.
Joshua compose di nuovo il numero.
"Pronto?" mormorò lei.
"Sono io, Mrs Yancy. Dev'essere caduta la linea."
Clic!
Pensò di richiamarla una terza volta, ma sapeva che avrebbe riattaccato di nuovo. L'atteggiamento di quella donna era decisamente strano. Ovviamente nascondeva un segreto, un segreto che aveva condiviso con Bruno e che non voleva rivelare a Joshua. Ma non aveva fatto altro che stuzzicare la sua curiosità. Ora aveva la certezza che ognuna delle persone che aveva ricevuto del denaro attraverso quella banca di San Francisco era a conoscenza di qualcosa in grado di spiegare l'esistenza di un sosia di Bruno Frye. Se fosse riuscito a farle parlare, forse avrebbe potuto sistemare rapidamente il patrimonio di Frye.
Mentre appoggiava il ricevitore mormorò: "Non puoi sfuggirmi così facilmente, Rita."
Il giorno seguente, si sarebbe recato a Hollister con il suo Cessna per parlarle di persona.
Provò a chiamare il dottor Nicholas Rudge, ma rispose la segreteria telefonica. Lasciò quindi un messaggio con i numeri di telefono di casa e dell'ufficio.
La terza telefonata si rivelò decisamente fruttuosa, anche se meno di quanto Joshua si aspettasse. Latham Hawthorne era a casa e aveva voglia di chiacchierare. L'occultista aveva una voce nasale e un lieve accento aristocratico inglese.
"Gli ho venduto molti libri," fu la risposta di Hawthorne a una domanda di Joshua.
"Solo libri?"
"Esatto."
"Sono una valanga di soldi per dei semplici libri."
"Era un ottimo cliente."
"Ma sono centotrentamila dollari!"
"Nel corso di quasi cinque anni."
"Comunque..."
"Deve capire che si trattava perlopiù di libri estremamente rari."
"Sarebbe disposto a ricomperarli?" domandò Joshua, cercando di scoprire se quell'uomo era in buona fede.
"Ricomperarli? Oh, certo. Ne sarei felice. Assolutamente."
"Quanto?"
"Be', non posso dirlo con precisione senza prima vederli."
"Spari una cifra. Quanto?"
"Vede, se i volumi sono rovinati, strappati o pasticciati... be'... è un'altra faccenda."
"Diciamo che sono perfetti. Quanto è disposto a offrire?"
"Se sono come quando li ho venduti a Mr Frye potrei offrire qualcosa in più del prezzo pagato originariamente. Molti dei libri contenuti nella sua collezione sono aumentati di valore."
"Quanto?" ribattè Joshua.
"Lei è un uomo tenace."
"È una delle mie virtù. Coraggio, Mr Hawthorne. Non le sto chiedendo niente di vincolante. Solo una stima approssimativa."
"Be', se la collezione contiene ancora tutti i libri che gli ho venduto e se sono tutti in ottime condizioni... direi... considerando anche un margine di profitto, naturalmente... circa duecentomila dollari."
"Ricomprerebbe gli stessi libri per settantamila dollari in più?"
"Indicativamente direi di sì."
"Certo che hanno acquistato un bel valore."
"È per via dell'argomento che trattano," spiegò Hawthorne. "C'è sempre più gente interessata a questo particolare settore."
"E quale sarebbe questo settore?" chiese Joshua. "Che tipo di libri collezionava?"
"Non li ha visti?"
"Credo siano nella libreria del suo studio," rispose Joshua. "Ci sono molti libri antichi e parecchi rilegati in pelle. Non pensavo avessero qualcosa di speciale. Ma non ho avuto tempo di esaminarli da vicino."
"Sono libri di occultismo," spiegò Hawthorne. "Vendo solo libri che trattano dell'occulto in tutte le sue manifestazioni. Per la maggior parte sono opere proibite, bandite dalla chiesa o dallo stato, libri che i moderni editori malati di scetticismo non hanno voluto pubblicare. Spesso sono edizioni limitate. Ho più di duecento clienti fissi. C'è un tipo di San José che colleziona solo libri sul misticismo indù. Una donna si è creata un'intera biblioteca sul satanismo, compresi una decina di volumi pubblicati esclusivamente in latino. Un'altra cliente di Seattle ha comperato tutto quello che è stato pubblicato sulle esperienze al di fuori del corpo. Sono in grado di soddisfare ogni desiderio. Non pecco di presunzione se affermo che sono il più famoso e competente commerciante di letteratura occulta dell'intero paese."
"Ma sicuramente nessuno dei suoi clienti spende quanto Mr Frye."
"Oh, certo che no. Ce ne sono solo un paio che possono permettersi certi lussi. Ma ho parecchi clienti che spendono da me circa diecimila dollari l'anno."
"È incredibile," osservò Joshua.
"Non più di tanto," esclamò Hawthorne. "Queste persone sono convinte di essere a un passo da un'importante rivelazione, credono di poter scoprire il grande segreto della vita. Alcuni sono alla ricerca dell'immortalità. Altri vorrebbero conoscere l'incantesimo o il rituale necessario per acquisire la ricchezza o il completo controllo sul prossimo. Sono motivazioni sufficienti. Se sono convinti in tutta buona fede che un pizzico di conoscenza in più possa soddisfare tutti i loro desideri, è ovvio che siano disposti a pagare qualsiasi cifra pur di ottenerla."
Joshua fece ruotare la sedia in modo da poter guardare fuori della finestra. Nuvole basse e grigie si rincorrevano velocemente sopra le cime delle Mayacamas, spingendosi verso la vallata.
"Esattamente, a che tipo di occulto si interessava Mr Frye?" domandò Joshua.
"Collezionava due tipi di libri, più o meno legati a uno stesso tema," rispose Hawthorne. "Era affascinato dalla possibilità di comunicare con i morti. Sedute spiritiche, voci di spiriti, apparizioni ectoplasmiche, amplificazione di registrazioni, scrittura automatica e quel genere di cose. Ma il fenomeno che lo interessava di più era sicuramente quello dei morti viventi."
"Vampiri?" chiese Joshua, ripensando alla strana lettera ritrovata nella cassetta di sicurezza.
"Sì," confermò Hawthorne. "Vampiri, zombie, creature di quel genere. Era difficile trovare libri su quell'argomento. Naturalmente non è che si interessasse ai romanzi dell'orrore o al sensazio
nalismo da quattro soldi. Raccoglieva solo studi e ricerche serie e parte della letteratura esoterica."
"E sarebbe?"
"Be', per esempio... nella categoria esoterica... ha pagato seicento dollari per il diario manoscritto di Christian Marsden."
"Chi è Christian Marsden?"
"Quattordici anni fa, Marsden fu arrestato per l'omicidio di nove persone nei dintorni di San Francisco. La stampa lo definì il Vampiro del Golden Gate perché beveva sempre il sangue delle sue vittime."
"Oh, sì," esclamò Joshua.
"Le vittime venivano inoltre smembrate."
"Già."
"Tagliava loro le braccia, le gambe e la testa."
"Sfortunatamente, temo di ricordarlo. Un caso orribile."
Le nuvole scure stavano oltrepassando le montagne, muovendosi rapidamente verso St. Helena.
"Durante il periodo di furia omicida, Marsden tenne un diario," proseguì Hawthorne. "E una cosa curiosa. Era convinto che un morto di nome Adrian Trench stesse cercando di impossessarsi del suo corpo per tornare in vita attraverso lui. Marsden credeva in tutta onestà che il suo corpo fosse in costante pericolo."
"Quindi in realtà non era lui che uccideva, ma questo Adrian Trench."
"E quello che afferma nel diario," confermò Hawthorne. "Per ragioni che non ha mai voluto spiegare, Marsden era convinto che lo spirito malvagio di Adrian Trench avesse bisogno del sangue delle sue vittime per mantenere il controllo sul corpo di Marsden stesso."
"Una storia piuttosto macabra da presentare alla corte in un'udienza per infermità mentale," commentò Joshua in tono cinico.
"Marsden venne ricoverato in un manicomio. Morì sei anni più tardi. Ma non aveva fìnto di essere pazzo per sfuggire alla prigione. Credeva sul serio che lo spirito di Adrian Trench stesse cercando di impossessarsi del suo corpo."
"Schizofrenico."
"Probabilmente," ammise Hawthorne. "Ma non possiamo escludere che Marsden fosse sano di mente e che si stesse semplicemente riferendo a un autentico fenomeno paranormale."
"Le spiace spiegarsi meglio?"
"Voglio dire che forse Christian Marsden era davvero posseduto, in un modo o nell'altro."
"Non parla sul serio, vero?"