Sicilian Stories

Home > Other > Sicilian Stories > Page 11
Sicilian Stories Page 11

by Giovanni Verga


  Every new idea that knocked at his head seeking entry made him suspicious, and he seemed to be sniffing at it with the savage distrust of his mare Dapple. But he didn’t show surprise at anything whatsoever; if people had told him that in town horses rode in carriages, he would have remained impassive, with that mask of Oriental indifference which constitutes the dignity of the Sicilian peasant. He seemed to be making a protective wall out of his ignorance, as if that were the true strength of poor folk. Every time he ran out of arguments, he’d repeat: “I know nothing about that; I’m poor,” with that stubborn smile that was meant to be sly.

  He had asked his friend Alfonso to write Mara’s name on a little piece of paper which he had found somewhere (he picked up everything he saw on the ground) and had stored away in his wad of rags. One day, after a short period of remaining silent and looking all around, lost in thought, he said with the greatest seriousness:

  “I have a sweetheart.”

  Despite his ability to read, Alfonso opened wide eyes. “Yes,” Jeli repeated, “the daughter of farmer Agrippino who was here; now she’s staying at Marineo, in that big housing compound in the lowlands that you can see from the Plain of the Litter-driver up there.”

  “So you’re getting married, then?”

  – Sì, quando sarò grande, e avrò sei onze all’anno di salario. Mara non ne sa nulla ancora.

  – Perché non gliel’hai detto?

  Jeli tentennò il capo, e si mise a riflettere. Poi svolse il batuffoletto e spiegò la carta che s’era fatta scrivere.

  – È proprio vero che dice Mara; l’ha letto pure don Gesualdo, il campiere, e fra Cola, quando venne giù per la cerca delle fave.

  – Uno che sappia scrivere, osservò poi, è come uno che serbasse le parole nella scatola dell’acciarino, e potesse portarsele in tasca, ed anche mandarle di qua e di là.

  – Ora che ne farai di quel pezzetto di carta tu che non sai leggere? gli domandò Alfonso.

  Jeli si strinse nelle spalle, ma continuò ad avvolgere accuratamente il suo fogliolino scritto nel batuffoletto dei cenci.

  La Mara l’aveva conosciuta da bambina, che avevano cominciato dal picchiarsi ben bene, una volta che s’erano incontrati lungo il vallone, a cogliere le more nelle siepi di rovo. La ragazzina, la quale sapeva di essere «nel fatto suo», aveva agguantato pel collo Jeli, come un ladro. Per un po’ s’erano scambiati dei pugni nella schiena, uno tu ed uno io, come fa il bottaio sui cerchi delle botti, ma quando furono stanchi andarono calmandosi a poco a poco, tenendosi sempre acciuffati.

  – Tu chi sei? gli domandò Mara.

  E come Jeli, più salvatico, non diceva chi fosse. – Io sono Mara, la figlia di Massaro Agrippino, che è il campaio di tutti questi campi qui.

  Jeli allora lasciò la presa dell’intutto, e la ragazzina si mise a raccattare le more che le erano cadute nella lotta, sbirciando di tanto in tanto il suo avversario con curiosità.

  – Di là del ponticello, nella siepe dell’orto, ci son tante more grosse; aggiunse la piccina, e se le mangiano le galline.

  Jeli intanto si allontanava quatto quatto, e Mara, dopo che stette ad accompagnarlo cogli occhi finché potè vederlo nel querceto, volse le spalle anche lei, e se la diede a gambe verso casa.

  Ma da quel giorno in poi cominciarono ad addomesticarsi. Mara andava a filare la stoppa sul parapetto del ponticello, e Jeli adagio adagio spingeva l’armento verso le falde del poggio del Bandito. Da prima se ne stava in disparte ronzandole attorno, guardandola da lontano in aria sospettosa, e a poco a poco andava accostandosi coll’andatura guardinga del cane avvezzo alle sassate. Quando finalmente si trovavano accanto, ci stavano delle lunghe ore senza aprir bocca. Jeli

  “Yes, when I grow up and earn six onze a year. Mara doesn’t know anything about it yet.”

  “Why haven’t you told her?”

  Jeli shook his head and began to think. Then he opened the wad of rags and unfolded the paper he had had written for him.

  “It’s really true that it says ‘Mara;’ Don Gesualdo, the field watchman, read it, too, and so did Friar Cola when he came down collecting beans as alms.

  “A person who can write,” he then observed, “is like a person who keeps words in his tinder box and can carry them in his pocket, and can also send them here or there.”

  “Now, since you can’t read, what will you do with that scrap of paper?” Alfonso asked him.

  Jeli shrugged his shoulders, but continued wrapping up his little written sheet carefully in the wad of rags.

  He had known Mara since she was little; they had begun their acquaintance by beating each other hard, upon meeting in the ravine, while gathering blackberries from the bramble hedges. The little girl, who was very conscious of being “on her own property,” had seized Jeli by the neck like a thief. For a while they had exchanged punches on the back, in alternation, the way a cooper hammers on barrel hoops, but once they were tired they calmed down little by little, though they still had a grip on each other.

  “Who are you?” Mara asked him.

  And when Jeli, who was more of a savage, refused to reveal his identity, she said: “I’m Mara, the daughter of farmer Agrippino, who controls all the farm land around here.”

  Then Jeli completely released his prisoner, and the little girl began picking up the blackberries that she had dropped during the fight, occasionally squinting at her adversary with curiosity.

  “Across the little bridge, in the vegetable-garden hedge, there are loads of big blackberries,” the girl added, “and the chickens eat them.”

  Meanwhile Jeli was walking away very quietly. After Mara watched him go as far as she could see him in the oak grove, she turned away, too, and ran home.

  But from that day on, their acquaintance deepened. Mara would go to the railing of the little bridge to spin her tow, and Jeli would slowly drive his herd toward the slopes of Bandit’s Hill. At first he kept his distance, lingering around her and watching her suspiciously from afar, but he gradually came closer, with that watchful gait of a dog accustomed to having stones thrown at it. When they were finally next to each other, they didn’t say a word for hours and hours. Jeli would

  osservando attentamente l’intricato lavorìo delle calze che la mamma aveva messo al collo alla Mara, oppure costei gli vedeva intagliare i bei zig zag sui bastoni di mandorlo. Poi se ne andavano l’uno di qua e l’altro di là, senza dirsi una parola, e la bambina, com’era in vista della casa, si metteva a correre, facendo levar alta la sottanella sulle gambe rosse.

  Al tempo dei fichidindia poi si fissarono nel folto delle macchie, sbucciando dei fichi tutto il santo giorno. Vagabondavano insieme sotto i noci secolari, e Jeli ne bacchiava tante delle noci, che piovevano fitte come la gragnuola; e la ragazzina si affaticava a raccattarle con grida di giubilo più che ne poteva; e poi scappava via, lesta lesta, tenendo tese le due cocche del grembiale, dondolandosi come una vecchietta.

  Durante l’inverno Mara non osò mettere fuori il naso, in quel gran freddo. Alle volte, verso sera, si vedeva il fumo dei fuocherelli di sommacchi che Jeli andava facendo sul piano del lettighiere, o sul poggio di Macca, per non rimanere intirizzito al pari di quelle cinciallegre che la mattina trovava dietro un sasso, o al riparo di una zolla. Anche i cavalli ci trovavano piacere a ciondolare un po’ la coda attorno al fuoco, e si stringevano gli uni agli altri per star più caldi.

  Col marzo tornarono le allodole nel piano, i passeri sul tetto, le foglie e i nidi nelle siepi, Mara riprese ad andare a spasso in compagnia di Jeli nell’erba soffice, fra le macchie in fiore, sotto gli alberi ancora nudi che cominciavano a punteggiarsi di verde. Jeli si ficcava negli spineti come un segugio per andare a scovare delle nidiate di merli che guardavano sbalorditi coi loro occhietti di pepe; i due fanciulli portavano spesso nel petto della camicia dei piccoli conigli allora stanati, quasi nudi, ma dalle lunghe orecchie diggià inquiete. Scorazzavano pei campi al seguito del branco dei cavalli, entrando nelle stoppie dietro i mietitori, passo passo coll’armento, fermandosi ogni volta che u
na giumenta si fermava a strappare una boccata d’erba. La sera, giunti al ponticello, se ne andavano l’uno di qua e l’altra di là, senza dirsi addio.

  Così passarono tutta l’estate. Intanto il sole cominciava a tramontare dietro il poggio alla Croce, e i pettirossi gli andavano dietro verso la montagna, come imbruniva, seguendolo fra le macchie dei fichidindia. I grilli e le cicale non si udivano più, e in quell’ora per l’aria si spandeva una grande malinconia.

  In quel tempo arrivò al casolare di Jeli suo padre, il vaccaro, che aveva preso la malaria a Ragoleti, e non poteva nemmen reggersi sull’asino che l’aveva portato. Jeli accese il fuoco, lesto lesto, e corse «alle

  study attentively the intricate work in the knitting that Mara’s mother had saddled her with, or else she would watch him carving beautiful zigzag patterns onto almond-wood staffs. Then they’d go off in different directions without addressing a word to each other, and the girl, who could see her house from there, would start running, making her little petticoat rise high against her pink legs.

  Then, in prickly-pear season, they took their post in the densest part of the thicket, peeling pears all day long. They’d roam together below the centuries-old walnut trees, and Jeli would beat down great numbers of nuts, which rained down as thick as hail; and the little girl would tire herself out picking up as many as she could with jubilant shouts. Then she’d dart away, very briskly, stretching out the two corners of her apron and swaying like an old woman.

  During the winter Mara didn’t dare to stick her nose out, it was so very cold. At times, toward evening, she could see the smoke from the little sumac-runner campfires that Jeli built on the Plain of the Litter-driver or on Macca’s Hill so he wouldn’t become stiff like those titmice he’d find in the morning behind a stone, or in the lee of a clod. The horses, too, took pleasure in dangling their tails a bit around the fire, snuggling up to one another to be warmer.

  With March the larks returned to the plain, the sparrows to the roof, the leaves and nests to the hedges, and Mara resumed her strolls together with Jeli on the soft grass, amid the flowering bushes, beneath the still bare trees that were beginning to be dotted with green. Jeli would plunge into thorn patches like a hound to discover nests of blackbirds, which would look at him in bewilderment with their little peppercorn eyes. The two children would often carry in their shirt front little rabbits just out of the burrow, nearly hairless, though their long ears already twitched nervously. They’d scurry through the fields following the herd of horses, running into the stubble behind the reapers, keeping pace with the herd and stopping every time a mare stopped to pull up a mouthful of grass. In the evening, when they had reached the little bridge, they’d go off in different directions without saying good-bye.

  They spent the whole summer that way. Meanwhile the sun was beginning to set behind Cross Hill, and the robins were going after it toward the mountain, as twilight fell, following it amid the prickly-pear plants. The crickets and cicadas were no longer heard, and at that hour a deep melancholy spread through the atmosphere.

  At that season Jeli’s cottage was visited by his father, the cowherd, who had caught malaria at Ragoleti and couldn’t even sit up straight on the donkey that had brought him. Jeli briskly lit the fire and ran “to the big houses”

  case» per cercargli qualche uovo di gallina. – Piuttosto stendi un po’ di strame vicino al fuoco, gli disse suo padre; ché mi sento tornare la febbre.

  Il ribrezzo della febbre era così forte che compare Menu, seppellito sotto il suo gran tabarro, la bisaccia dell’asino, e la sacca di Jeli, tremava come fanno le foglie in novembre, davanti alla gran vampa di sarmenti che gli faceva il viso bianco bianco come un morto. I contadini della fattoria venivano a domandargli: – Come vi sentite, compare Menu? Il poveretto non rispondeva altro che con un guaito come fa un cagnuolo di latte. – È malaria di quella che ammazza meglio di una schioppettata, dicevano gli amici, scaldandosi le mani al fuoco.

  Fu chiamato anche il medico, ma erano denari buttati via, perché la malattia era di quelle chiare e conosciute che anche un ragazzo saprebbe curarla, e se la febbre non era di quelle che ammazzano ad ogni modo, col solfato si sarebbe guarita subito. Compare Menu ci spese gli occhi della testa in tanto solfato, ma era come buttarlo nel pozzo. – Prendete un buon decotto di ecalibbiso che non costa nulla, suggeriva Massaro Agrippino, e se non serve a nulla come il solfato, almeno non vi rovinate a spendere. – Si prendeva anche il decotto di eucaliptus, eppure la febbre tornava sempre, e anche più forte. Jeli assisteva il genitore come meglio sapeva. Ogni mattina, prima d’andarsene coi puledri, gli lasciava il decotto preparato nella ciotola, il fascio dei sarmenti sotto la mano, le uova nella cenere calda, e tornava presto alla sera colle altre legne per la notte e il fiaschetto del vino e qualche pezzetto di carne di montone che era corso a comperare sino a Licodia. Il povero ragazzo faceva ogni cosa con garbo, come una brava massaia, e suo padre, accompagnandolo cogli occhi stanchi nelle sue faccenduole qua e là pel casolare, di tanto in tanto sorrideva pensando che il ragazzo avrebbe saputo aiutarsi, quando fosse rimasto solo.

  I giorni in cui la febbre cessava per qualche ora, compare Menu si alzava tutto stravolto e col capo stretto nel fazzoletto, e si metteva sull’uscio ad aspettare Jeli, mentre il sole era ancora caldo. Come Jeli lasciava cadere accanto all’uscio il fascio della legna e posava sulla tavola il fiasco e le uova, ei gli diceva: – Metti a bollire l’ecalibbiso per stanotte, – oppure – guarda che l’oro di tua madre l’ha in consegna la zia Agata, quando non ci sarò più. – Jeli diceva di sì col capo.

  – E inutile; ripeteva Massaro Agrippino ogni volta che tornava a vedere compare Menu colla febbre. Il sangue oramai è tutto una peste. – Compare Menu ascoltava senza batter palpebra, col viso più bianco della sua berretta.

  to ask for some hen’s eggs for him. “Rather than that, lay a little straw next to the fire,” his father said, “because I feel the fever coming back.”

  The chills from the fever were so strong that neighbor Menu, even when buried beneath his great cloak, the donkey’s saddlebag, and Jeli’s knapsack, still trembled like leaves in November, in front of the large blaze from the vine runners that made his face look as pale as a dead man’s. The farmhands from the main house came to ask him: “How do you feel, neighbor Menu?” The poor man answered only with a whine like that of a suckling puppy. “It’s the kind of malaria that kills you more surely than a gunshot,” his friends said, warming their hands at the fire.

  The doctor was called, too, but that was money thrown out, because (as he said) the illness was of that familiar, clearly recognizable kind which even a boy could attend to, and, if the fever wasn’t of the sort that infallibly kills the patient, it would be cured at once with sulphur. Neighbor Menu spent an arm and a leg on loads of sulphur, but it was like throwing his money down a well. “Drink a good infusion of ecalibbiso, which doesn’t cost anything,” farmer Agrippino suggested, “and if it doesn’t help you any more than the sulphur, at least you won’t be ruined by the cost.” He drank this infusion of eucalyptus, too, but the fever kept coming back, and was even stronger. Jeli tended to his father as best he could. Every morning, before leaving with the colts, he’d leave him the prepared infusion in a bowl, the bundle of vine runners under his hand, and the eggs in the warm ashes; and in the evening he’d come home quickly with more firewood for the night, a flask of wine, and some little bit of mutton that he had run all the way to Licodia to buy. The poor boy did everything neatly, like a good housewife, and his father, watching with weary eyes as he did his chores up and down the cottage, would occasionally smile at the thought that the boy would be able to fend for himself when he was left on his own.

  On the days when the fever was in remittance for a few hours, neighbor Menu would get up, quite distraught, a bandanna wrapped around his head, and would post himself in the doorway to wait for Jeli while the sunshine was still warm. When Jeli dropped the bundle of firewood next to the door and placed the flask and the eggs on the tab
le, his father would say: “Start the ecalibbiso boiling for tonight,” or, “Listen, after I’m gone, your aunt Agata has your mother’s gold jewelry in safekeeping.” Jeli would nod affirmatively.

  “It’s no use,” farmer Agrippino would repeat every time he revisited the feverish neighbor Menu. “By this time his blood is all plague-ridden.” Neighbor Menu would listen without batting an eyelid, his face whiter than his cap.

  Diggià non si alzava più. Jeli si metteva a piangere quando non gli bastavano le forze per aiutarlo a voltarsi da un lato all’altro; poco per volta compare Menu finì per non parlare nemmen più. Le ultime parole che disse al suo ragazzo furono:

  – Quando sarò morto andrai dal padrone delle vacche a Ragoleti, e ti farai dare le tre onze e i dodici tumoli di frumento che avanzo da maggio a questa parte.

  – No, rispose Jeli, sono soltanto 2 onze e quindici, perché avete lasciato le vacche che è più di un mese, e bisogna fare il conto giusto col padrone.

  – È vero! affermò compare Menu socchiudendo gli occhi.

  – Ora son proprio solo al mondo come un puledro smarrito, che se lo possono mangiare i lupi! pensò Jeli quando gli ebbero portato il babbo al cimitero di Licodia.

  Mara era venuta a vedere anche lei la casa del morto colla curiosità acuta che destano le cose spaventose. – Vedi come son rimasto? le disse Jeli, la ragazzetta si tirò indietro sbigottita per paura che la facesse entrare nella casa dove era stato il morto.

 

‹ Prev