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Rune Page 11

by Christopher Fowler


  La pioggia batteva sui lucernari sopra di loro. Le dieci e mezzo di un cupo martedì mattina. Nessun lettore aveva ancora sfidato gli elementi. Dorothy era stata costretta ad accendere le luci nel­la sala principale della biblioteca.

  — Frank, hai qui un elenco di cinquantasette suicidi e auto­mutilazioni. — Dorothy esaminò la rete di linee colorate, cer­cando di interpretare le annotazioni filiformi di Frank. L'ammas­so di puntini rossi che spiccava al centro del diagramma rappre­sentava una deviazione da qualsiasi statistica razionale. — Qual è l'arco di tempo?

  — Sei settimane. Se potessi inserirmi negli archivi degli ospe­dali o in una rete della polizia, riuscirei a colmare le lacune dei dati.

  — Potresti dividere questi numeri in categorie sociali, come fanno le agenzie pubblicitarie?

  — Difficile. Stando a diversi articoli, parecchi erano profes­sionisti, tipi della City. E molti si occupavano di comunicazioni.

  — Lavori stressanti. Hai cominciato a fare un resoconto scrit­to per il tuo libro?

  — Ho una montagna di appunti. Sono successi altri fatti strani in questo weekend. Sul Telegraph c'era la notizia di un tecnico di computer che si è suicidato sigillandosi le narici e la bocca con dell'adesivo universale. Spesso, sembra che le circostanze della morte siano confuse in questi episodi. Le indagini si concludono con un verdetto di incertezza, i casi rimangono in sospeso per mancanza di prove. Devo penetrare in una banca dati decente per scoprire dell'altro.

  — Lo sai che l'Apocalisse è qualcosa che dovremmo provoca­re noi stessi, una specie di suicidio collettivo? — disse Dorothy, stringendosi meglio nel cardigan. Faceva freddo nella sala. La pioggia ticchettava incessante.

  — Questo non ha niente a che fare con le profezie religiose. È un fenomeno sociale.

  — Pensavo più che altro all'occulto. Qualcosa come il vudù. È abbastanza facile provocare un incidente a qualcuno, purché la vittima sappia di essere stata colpita da una maledizione. È docu­mentato. La mamma ha un'infinità di libri sull'argomento.

  Dorothy si alzò e si diresse verso la scala buia in fondo alla sa­la. Anche se la maggior parte dei settori erano incompleti e tra­scurati, il vero punto forte della biblioteca erano i volumi di sto­ria antica e di argomenti soprannaturali che la madre di Dorothy aveva raccolto. Una corda rossa ne separava l'accesso dalla se­zione aperta al pubblico. La scala conduceva alla raccolta di testi d'occultismo, ospitata nello scantinato.

  — Dorothy, non c'è bisogno di andare là sotto. — Frank scrollò la testa e cominciò a riporre i ritagli. Dorothy lo ignorò. Soffriva di sordità selettiva, un disturbo che si manifestava solo quando le suggerivano qualcosa contraria ai suoi desideri.

  La plafoniera si accese. Mentre l'odore di deterioramento le riempiva le narici, Dorothy osservò la stanza. La parete di fondo era sempre più umida, e la maggior parte dei libri più vicini - Templari, Tetragrammi, Trasmutazione - erano impregnati di muffa. Molti di quei libri erano stranezze esoteriche pubblicate negli anni Quaranta e Cinquanta, abbastanza rari da interessare qualche collezionista, ma non abbastanza preziosi, per le autori­tà comunali, da essere sottratti alla rovina. Tre anni prima, Do­rothy aveva asciugato alcuni dei volumi più insoliti, ma le loro pagine erano diventate fragili, la prosa indecifrabile. Adesso Do­rothy si avventurava laggiù solo quando un'organizzazione spe­cialistica (— Le tue streghe sono qui — annunciava Frank) chie­deva un libro particolare. Era triste vedere la collezione che an­dava lentamente in pezzi.

  Eppure, chi poteva credere ai colpi degli spiriti e alla prescien­za in quell'era tecnologica illuminata? Quelle oscure assurdità superstiziose erano state sottoposte da tempo allo sguardo spietato dell'indagine scientifica. Le prove dell'esistenza dell'Oltretomba erano state smascherate come semplici trucchi da salotto vittoriani. Le società segrete non erano altro che consorzi masso­nici, squallidi circoli creati per impedire alle classi sgradite un rapporto paritario.

  Dorothy guardò quei volumi superflui. Non era rimasto molto in cui credere. Oggigiorno, il soprannaturale soffriva della Sin­drome Post-Irangate. Come potevano i segreti di religioni dimenticate reggere il confronto con le multinazionali, disposte a praticare il genocidio pur di aprirsi nuovi mercati?

  Lì, su un intero scaffale, c'erano quasi trenta libri sui miti e le religioni di Haiti e delle isole caraibiche. Opere di nessun valore scientifico, scritte solo per sfruttare la credulità della gente, erano infilate tra studi seri. Il brossurato che le occorreva era stato riparato col nastro adesivo, che si disintegrò tra le sue mani quando lei estrasse il libro. Le pagine erano macchiate d'umidi­tà, ma Dorothy trovò quasi subito il punto che cercava.

  Stringendo il volume umidiccio, tornò in fondo alla scala. Era impossibile convincere Frank a scendere là sotto. Diceva che c'e­rano i topi; li aveva visti sfrecciare con la coda dell'occhio. C'era­no sicuramente alcuni ragni molto grossi. Ma per Dorothy, che ricordava molti libri dai giorni in cui occupavano gli scaffali dello studio di sua madre, quello era ancora un posto magico.

  — Si può maledire qualcuno e fare in modo che abbia un inci­dente, ma entrambe le persone devono credere al potere della magia. C'è un'illustrazione. — Sollevò il libro e indicò l'incisione di un nero terrorizzato infilzato in una fossa irta di lame.

  — Praticamente impossibile in città, no? — commentò Frank. — Maledire qualcuno perché cada in una buca piena di lance.

  — Eccone un'altra. — Dorothy voltò pagina e mostrò una ta­vola in cui compariva una vecchia verrucosa che ruzzolava in un camino acceso. — Non è magia vera e propria. Si innervosisce a tal punto la vittima che alla fine questa fa del male a se stessa. In certi sistemi occulti si evoca un demonio per provocare il danno, ma bisogna stare molto attenti.

  — Perché?

  — Perché i demoni m genere sono considerati molto stupidi, e devi assicurarti che il piano non si ritorca contro di te. Dabbasso ci sono alcuni grimori, manuali di magia che spiegano come fare. Credo che ci sia ancora una copia del Papa Onorio, ma è piutto­sto oscuro e illeggibile.

  — Credi davvero a tutte queste cose? — chiese Frank.

  — È meglio avere una mente aperta. Credo a... certe forze.

  — Il concetto di male non ha resistito tanto bene alla prova del tempo.

  — Sono d'accordo. L'immagine di Lucifero in groppa a un ca­vallo chiaro, con la testa di un leopardo e le ali di un grifone, ha solo un fascino barocco. Ma la gente muore ancora perché crede in un essere supremo. E dove c'è il bene, c'è il male.

  — Be', Madame Arcati, cosa dovremmo fare, secondo te? Andare alla polizia e denunciare un complotto sinistro?

  Dorothy parve perplessa. — Stiamo solo immaginando cose ri­dicole, penso. Potremmo andare a trovare la signora Wagstaff. Lei se ne intende di questa materia.

  — È un'esperta di statistica?

  — No, una medium.

  — E suppongo che pratichi la magia nera in una casetta sper­duta nei boschi infestati dagli elfi.

  — No, vive in una casa popolare sull'Isola dei Cani. È diversissima da quel che pensi tu. Credi alla medicina alternativa?

  — In parte.

  — Be', considerala una teologa alternativa. Puoi venire con me, se vuoi. Sento se è libera. — Frank non rispose, ma mentre prendeva il telefono, Dorothy colse nei suoi occhi una scintilla di interesse.

  Beth Cleveland spinse da parte la scatola di cartone e guardò l'orologio sulla mensola del caminetto. Quasi le sei e mezzo. Ave­va lasciato l'ufficio presto per finire di sistemare le cose di Willie. Era un compito deprimente che era ansiosa di completare. Tolse le camicie del defunto dal guardaroba, e aveva appena terminato di impaccarle per donarle al centro di beneficenza locale, quando scoprì la pesante busta sigillata in fondo alla scarpiera.

  Inginocchiatasi, la raccolse e la portò alla luce: riconobbe subi­to la calligrafia di Willie sul lato anteriore. La scritta diceva: Contatto Spedizione: David Coltis. Dietro non c'era nulla. Incu­riosita, scollò il lembo della busta e se ne fece scivolare in mano il contenuto.


  Alle sette, quella sera, Dorothy e Frank chiusero la biblioteca e attraversarono l'arcata formata dai pilastri del cavalcavia e dis­seminata di rifiuti. La pioggia si era trasformata in una nebbiolina fine. Mentre aspettavano l'autobus, Dorothy osservò il com­pagno. Lo vedeva di rado lontano dalla scrivania. Era esile e tri­ste... una faccia pallida e anomima tra la folla. Probabilmente, anche lei passava inosservata. I vecchi sono una categoria invisi­bile. Vogliono esserlo. Il mondo li evita e va avanti. Ma io non so­no così, non ancora pensò, salendo sull'autobus. Ho ancora tan­te cose da scoprire.

  L'Isola dei Cani era una penisola creata da un'ansa del Tamigi. Nel Medioevo era nota come Stepney Marsh. Nessuno sapeva quando o perché fosse apparso il nuovo nome, anche se sembra­va che un tempo quella località avesse ospitato il canile reale. Forse, pensò Dorothy, il nome era semplicemente un'alterazio­ne. All'inizio del diciannovesimo secolo erano stati inaugurati i dock delle Indie Occidentali, e un canale aveva trasformato l'a­rea in un'isola. L'Isola dei Docks. Sembrava un'origine più plau­sibile per quel labirinto tetro e cadente di canali limacciosi e pon­ti gobbi. Negli ultimi anni, i caseggiati popolari pieni di disegni e scritte murali erano stati demoliti per far posto alle residenze post-moderne della nuova élite cittadina. Quelle dimore lussuo­se con tanto di vigilanza privata avevano costi etto i proprietari riluttanti a iniziare una guerra civile con i vecchi abitanti del­l'isola. Dorothy e Frank si stavano dirigendo verso una zona che appartenava alla più povera delle due categorie.

  Edna Wagstaff viveva in una delle case popolari superstiti più orripilanti. Gli appartamenti a pianterreno erano stati chiusi con le assi per proteggerli dagli atti vandalici. Eppure, incredibilmente, l'occultista abitava proprio lì.

  Guardinga, Dorothy passò accanto a un paio di cani inselvati­chiti che litigavano e si fermò davanti a un pannello di truciolato senza alcuna scritta, al quale bussò forte.

  — Cerca di non essere troppo agitato — disse al compagno. — Certe hanno in dono un potere che riescono a controllare a sten­to. Edna è una brava donna. Ha seppellito due mariti e non ha mai perso un giorno di lavoro, ma sta invecchiando e vive sola coi suoi spiriti. Non è una cosa salutare. — Attirò Frank vicino a sé. — Forse la troverai un po'... insolita.

  Ci fu uno scricchiolio di protesta quando la porta si aprì verso l'interno. — Eco della Sera mi ha detto che sareste stati in ritar­do — esordì Edna, facendoli entrare in un corridoio buio che puzzava d'incenso.

  La medium era alta, magra e rinsecchita, un mucchio d'ossa che indossava un vestito da donna e una strana parrucca. Termi­nate in fretta le presentazioni, Frank chiese: — Eco della Sera?

  — È il mio spirito guida, lei.

  — Sembrerebbe più un giornale — borbottò Frank a Dorothy.

  — Ohimè, mi hai portato un altro miscredente. Questo po­trebbe complicare le cose. — Edna li guidò nel salotto sbarrato e accese una lampada dal paralume molto spesso.

  La stanza era piena di gatti impagliati.

  Alcuni erano ritti sulle zampe posteriori, incollati a riquadri di legno in goffe pose umane. Alcuni erano appoggiati l'un l'altro in atteggiamenti spavaldi, come se ballassero gighe e valzer sta­tici. Su un pianoforte verticale c'era una composizione di quat­tro gattini color tartaruga. Erano seduti, con le zampette su un tavolino, e giocavano a carte. Lungi dal trovarsi a proprio agio mentre si dedicavano a quei passatempi felini, con le loro boc­che urlanti e gli occhi socchiusi asimmetrici davano l'impressio­ne di essere stati immortalati in momenti di estrema sofferenza, rifletté Frank, e si domandò se potessero attaccargli le pulci. Guardò la signora Wagstaff. Sembrava che portasse la parrucca al contrario. Assomigliava un po' a uno dei suoi gatti imbalsa­mati.

  — Frank ha promesso di mettere da parte i pregiudizi, Edna. — Dorothy indietreggiò e schiacciò col tacco la punta del piede del giovane. — Come sta Eco della Sera?

  — Non è stata bene — rispose Edna, versando tre tazze di in­fuso alle erbe color cremisi. — Sta ancora cercando di individua­re gli anziani della sua tribù sul piano astrale, e le gambe la tormentano. Non la sto usando molto adesso. Mi servo di un pilota della raf di nome Smethwick, un tipo davvero servizievole, an­che se a volte il suo patriottismo è un po' fastidioso.

  — Oh, è stato abbattuto?

  — No, è caduto dalle montagne russe al parco di Wimbledon. Frank riuscì a reprimere a stento una risata. Edna gli scoccò un'occhiataccia.

  — Allora, cosa volete sapere? — disse.

  — Non ne siamo proprio sicuri — rispose Dorothy, e spiegò il motivo della loro visita, sentendosi un po' sciocca mentre parla­va. L'atmosfera surreale e soffocante del salotto, a dire il vero, conferiva alla storia una certa plausibilità contorta. Edna sem­brava interessatissima. Si sporse in avanti sulla sedia, le mani al­lacciate in grembo, facendo piccoli cenni di assenso e lanciando gridolini di tanto in tanto.

  — Sapevo che presto sarebbe iniziato, lo sapevo — la inter­ruppe, non riuscendo a trattenersi oltre. — Hai appena descritto i primi sintomi di un evento predetto tempo fa da rispettabili oc­cultisti di tutto il mondo.

  — Non mi dica che è imminente l'Apocalisse — disse Frank in tono scettico.

  — Nulla di così volgare — replicò Edna. — No: un cambia­mento più lento, più misterioso, ci sta cogliendo. Probabilmente, posso persuadere uno dei miei bambini a parlarvene. — Indicò i gatti attorno a loro. — Questi sono i miei geni familiari, i miei accessi a un mondo aldilà di questo, un posto dove passato, pre­sente e futuro si incontrano in un unico attimo fuggevole. Óra il nostro Kelly ci spiegherà cosa succede. — Sembrava una telecro­nista che cedesse la linea a Westminster per un servizio d'econo­mia. Nella stanza calò un silenzio improvviso.

  Dietro le finestre sbarrate, Frank sentì i cani che si azzanna­vano. Edna aveva chiuso gli occhi e si era afflosciata sulla sedia; sembrava che si fosse addormentata. Frank cercò di attirare l'at­tenzione di Dorothy, ma lei non guardò nella sua direzione. Tra­scorsero cinque minuti, in silenzio.

  La voce acuta e strozzata, quando risuonò, fece sussultare di paura Frank, che si girò e fissò un esempio particolarmente brut­to di tassidermia, un micio rossiccio e ammaccato su una biciclet­ta di ferro battuto.

  — Da tempo le maggiori autorità dell'occultismo sostengono che il Signore delle Tenebre tornerà nella seconda metà del ventesimo secolo — disse la voce. — Prima si manifesterà nei paesi scandinavi. In Finlandia. In Germania. E in Gran Bretagna. Ap­parirà in forma mortale. Non come singolo, ma come moltitudi­ne. Sarà legione. — La voce si fece più acuta. Frank si strofinò le braccia. La temperatura nella stanza aveva cominciato a scende­re.

  — Il Signore delle Tenebre attuerà quanto segue: l'Ingannamento degli Stolti, la Corruzione degli Innocenti, la Distruzione del Bene, la Venerazione del Male.

  — Un'impresa notevole, anche per Lucifero. Scoprirà che la gente oggi è molto meno disposta a credere — osservò Dorothy. Apparentemente, non trovava strano discutere di occultismo con una voce proveniente da un gatto impagliato. Al contrario, era chiaro che conosceva bene quel sistema.

  — Dicci, come otterrà questi scopi?

  — Attraverso la cieca obbedienza dei Suoi discepoli.

  — Qual è il Suo nuovo nome in terra?

  Ci fu una pausa. — Non si trova nell'alfabeto di oggi.

  — Come realizzerà la Sua volontà?

  — Attraverso il potere della preghiera.

  Dorothy guardò Frank, perplessa. Il loro respiro si condensa­va nell'aria, via via che la temperatura continuava a scendere. — Cioè, tramite le preghiere dei Suoi adoratori, o la preghiera cri­stiana?

  — Le Preghiere del Diavolo.

  — Che forma assumono queste preghiere?

  — Una forma segreta, antica e moderna. Un male che ingan­nerà gli stolti, corromperà gli innocenti...

  — E distruggerà i buoni — continuò Frank. — Come li di­struggerà?

  — Facendoli morire. — La voce cominciava ad affievolirsi.

  — M
a come? Può fare in modo che sembri un incidente? — Frank fissò il gatto, ma non giunse alcuna risposta. Gli occhi di vetro dell'animale erano rivolti in direzioni diverse. La bocca dai dentini aguzzi era spalancata in un ghigno folle.

  — Non sapremo altro da lui, credo — disse Dorothy, strofi­nandosi gli avambracci, mentre l'aria gelida continuava a circola­re nella stanza. Edna sembrava ancora addormentata. Teneva la testa sul petto scarno, e ansimava leggermente.

  — Una volta evocato, l'Angelo della Morte non potrà an­darsene finché non sarà stato appagato — disse il gatto, con uno sprazzo sorprendente di rinnovato vigore. Poi tornò il si­lenzio. Mentre la medium tornava in sé lentamente, Frank os­servò il gatto, circospetto. Si aspettava quasi che ricominciasse a parlare.

  — Spero che Kelly sia stato di qualche utilità — disse Edna, riprendendosi del tutto. — È un vecchissimo familiare affidabile. Di solito non sbaglia. — Si stiracchiò, accompagnata da uno scricchiolio di braccia e gambe.

  — Personalmente l'ho trovato un po' vago — disse Dorothy, versando all'amica un'altra tazza di infuso. A poco a poco, la stanza stava riacquistando la sua temperatura normale. — Se dobbiamo credere a quel che dice, le schiere di Lucifero stanno tornando sulla terra, a conquistarci col potere delle preghiere del loro signore.

  — Quello che ha detto si può interpretare in mille modi. — Frank allungò la mano e sollevò il gatto, guardando sotto per ve­dere se ci fossero microfoni nascosti. — È stato come l'oracolo di Delfi, tutto ambiguità e niente fatti concreti.

  — Le suggerisco di leggere i suoi libri, signor Drake. Troverà tutte le prove concrete che le occorrono. — Edna si alzò, un po' malferma sulle gambe. Era offesa.

  — Non mi fraintenda — si affrettò a dire Frank. — È stato molto interessante. Solo che non ci aiuta.

  — Non si può pretendere che gli spiriti risolvano tutti i nostri problemi — sbottò Edna. — Sono entità astrali che a volte accet­tano di eliminare le barriere tra i vivi e i morti. Non è un talk show con le telefonate della gente in diretta.

 

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